Usiamo
misericordia verso la nostra casa comune
In
unione con i fratelli e le sorelle ortodossi, e con l’adesione di
altre Chiese e Comunità cristiane, la Chiesa Cattolica celebra oggi
l’annuale “Giornata mondiale di preghiera per la cura del
creato”. La ricorrenza intende offrire «ai singoli credenti ed
alle comunità la preziosa opportunità di rinnovare la personale
adesione alla propria vocazione di custodi del creato, elevando a Dio
il ringraziamento per l’opera meravigliosa che Egli ha affidato
alla nostra cura, invocando il suo aiuto per la protezione del creato
e la sua misericordia per i peccati commessi contro il mondo in cui
viviamo».
È
molto incoraggiante che la preoccupazione per il futuro del nostro
pianeta sia condivisa dalle Chiese e dalle Comunità cristiane
insieme ad altre religioni. Infatti, negli ultimi anni, molte
iniziative sono state intraprese da autorità religiose e
organizzazioni per sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica
circa i pericoli dello sfruttamento irresponsabile del pianeta.
Vorrei qui menzionare il Patriarca Bartolomeo e il suo predecessore
Dimitrios, che per molti anni si sono pronunciati costantemente
contro il peccato di procurare danni al creato, attirando
l’attenzione sulla crisi morale e spirituale che sta alla base dei
problemi ambientali e del degrado. Rispondendo alla crescente
attenzione per l’integrità del creato, la Terza Assemblea
Ecumenica Europea (Sibiu, 2007) proponeva di celebrare un “Tempo
per il Creato” della durata di cinque settimane tra il 1°
settembre (memoria ortodossa della divina creazione) e il 4 ottobre
(memoria di Francesco di Assisi nella Chiesa Cattolica e in alcune
altre tradizioni occidentali). Da quel momento tale iniziativa, con
l’appoggio del Consiglio Mondiale delle Chiese, ha ispirato molte
attività ecumeniche in diversi parti del mondo. Dev’essere pure
motivo di gioia il fatto che in tutto il mondo iniziative simili, che
promuovono la giustizia ambientale, la sollecitudine verso i poveri e
l’impegno responsabile nei confronti della società, stanno facendo
incontrare persone, soprattutto giovani, di diversi contesti
religiosi. Cristiani e non, persone di fede e di buona volontà,
dobbiamo essere uniti nel dimostrare misericordia verso la nostra
casa comune – la terra – e valorizzare pienamente il mondo in cui
viviamo come luogo di condivisione e di comunione.
1.
La terra grida...
Con
questo Messaggio, rinnovo il dialogo con ogni persona che abita
questo pianeta riguardo alle sofferenze che affliggono i poveri e la
devastazione dell’ambiente. Dio ci ha fatto dono di un giardino
rigoglioso, ma lo stiamo trasformando in una distesa inquinata di
«macerie, deserti e sporcizia» (Enc. Laudato si’, 161). Non
possiamo arrenderci o essere indifferenti alla perdita della
biodiversità e alla distruzione degli ecosistemi, spesso provocate
dai nostri comportamenti irresponsabili ed egoistici. «Per causa
nostra, migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro
esistenza né potranno comunicarci il proprio messaggio. Non ne
abbiamo il diritto» (ibid., 33).
Il
pianeta continua a riscaldarsi, in parte a causa dell’attività
umana: il 2015 è stato l’anno più caldo mai registrato e
probabilmente il 2016 lo sarà ancora di più. Questo provoca
siccità, inondazioni, incendi ed eventi meteorologici estremi sempre
più gravi. I cambiamenti climatici contribuiscono anche alla
straziante crisi dei migranti forzati. I poveri del mondo, che pure
sono i meno responsabili dei cambiamenti climatici, sono i più
vulnerabili e già ne subiscono gli effetti.
Come
l’ecologia integrale mette in evidenza, gli esseri umani sono
profondamente legati gli uni agli altri e al creato nella sua
interezza. Quando maltrattiamo la natura, maltrattiamo anche gli
esseri umani. Allo stesso tempo, ogni creatura ha il proprio valore
intrinseco che deve essere rispettato. Ascoltiamo «tanto il grido
della terra quanto il grido dei poveri» (ibid., 49), e cerchiamo di
comprendere attentamente come poter assicurare una risposta adeguata
e tempestiva.
2.
…perché abbiamo peccato
Dio
ci ha donato la terra per coltivarla e custodirla (cfr Gen 2,15) con
rispetto ed equilibrio. Coltivarla “troppo” – cioè
sfruttandola in maniera miope ed egoistica –, e custodirla poco è
peccato.
Con
coraggio il caro Patriarca Ecumenico Bartolomeo ha ripetutamente e
profeticamente messo in luce i nostri peccati contro il creato: «Che
gli esseri umani distruggano la diversità biologica nella creazione
di Dio; che gli esseri umani compromettano l’integrità della terra
e contribuiscano al cambiamento climatico, spogliando la terra delle
sue foreste naturali o distruggendo le sue zone umide; che gli esseri
umani inquinino le acque, il suolo, l’aria: tutti questi sono
peccati». Infatti, «un crimine contro la natura è un crimine
contro noi stessi e un peccato contro Dio».
Di
fronte a quello che sta accadendo alla nostra casa, possa il Giubileo
della Misericordia richiamare i fedeli cristiani «a una profonda
conversione interiore» (Enc. Laudato si’, 217), sostenuta in modo
particolare dal sacramento della Penitenza. In questo Anno Giubilare,
impariamo a cercare la misericordia di Dio per i peccati contro il
creato che finora non abbiamo saputo riconoscere e confessare; e
impegniamoci a compiere passi concreti sulla strada della conversione
ecologica, che richiede una chiara presa di coscienza della nostra
responsabilità nei confronti di noi stessi, del prossimo, del creato
e del Creatore (cfr ibid., 10; 229).
3.
Esame di coscienza e pentimento
Il
primo passo in tale cammino è sempre un esame di coscienza, che
«implica gratitudine e gratuità, vale a dire un riconoscimento del
mondo come dono ricevuto dall’amore del Padre, che provoca come
conseguenza disposizioni gratuite di rinuncia e gesti generosi […].
Implica pure l’amorevole consapevolezza di non essere separati
dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri
dell’universo una stupenda comunione universale. Per il credente,
il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro, riconoscendo
i legami con i quali il Padre ci ha unito a tutti gli esseri»
(ibid., 220).
A
questo Padre pieno di misericordia e di bontà, che attende il
ritorno di ognuno dei suoi figli, possiamo rivolgerci riconoscendo i
nostri peccati verso il creato, i poveri e le future generazioni.
«Nella misura in cui tutti noi causiamo piccoli danni ecologici»,
siamo chiamati a riconoscere «il nostro apporto, piccolo o grande,
allo stravolgimento e alla distruzione dell’ambiente». Questo è
il primo passo sulla via della conversione.
Nel
2000, anch’esso un Anno Giubilare, il mio predecessore san Giovanni
Paolo II ha invitato i cattolici a fare ammenda per l’intolleranza
religiosa passata e presente, così come per le ingiustizie commesse
verso gli ebrei, le donne, i popoli indigeni, gli immigrati, i poveri
e i nascituri. In questo Giubileo Straordinario della Misericordia
invito ciascuno a fare altrettanto. Come singoli, ormai assuefatti a
stili di vita indotti sia da una malintesa cultura del benessere sia
da un «desiderio disordinato di consumare più di quello di cui
realmente si ha bisogno» (ibid., 123), e come partecipi di un
sistema «che ha imposto la logica del profitto ad ogni costo, senza
pensare all’esclusione sociale o alla distruzione della natura»,
pentiamoci del male che stiamo facendo alla nostra casa comune.
Dopo
un serio esame di coscienza e abitati da tale pentimento, possiamo
confessare i nostri peccati contro il Creatore, contro il creato,
contro i nostri fratelli e le nostre sorelle. «Il Catechismo della
Chiesa Cattolica ci fa vedere il confessionale come un luogo in cui
la verità ci rende liberi per un incontro». Sappiamo che «Dio è
più grande del nostro peccato», di tutti i peccati, compresi quelli
contro la creazione. Li confessiamo perché siamo pentiti e vogliamo
cambiare. E la grazia misericordiosa di Dio che riceviamo nel
Sacramento ci aiuterà a farlo.
4.
Cambiare rotta
L’esame
di coscienza, il pentimento e la confessione al Padre ricco di
misericordia conducono a un fermo proposito di cambiare vita. E
questo deve tradursi in atteggiamenti e comportamenti concreti più
rispettosi del creato, come ad esempio fare un uso oculato della
plastica e della carta, non sprecare acqua, cibo ed energia
elettrica, differenziare i rifiuti, trattare con cura gli altri
esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico e condividere un
medesimo veicolo tra più persone, e così via (cfr Enc. Laudato si’,
211). Non dobbiamo credere che questi sforzi siano troppo piccoli per
migliorare il mondo. Tali azioni «provocano in seno a questa terra
un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente»
(ibid., 212) e incoraggiano «uno stile di vita profetico e
contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere
ossessionati dal consumo» (ibid., 222).
Ugualmente
il proposito di cambiare vita deve attraversare il modo in cui
contribuiamo a costruire la cultura e la società di cui siamo parte:
infatti «la cura per la natura è parte di uno stile di vita che
implica capacità di vivere insieme e di comunione» (ibid., 228).
L’economia e la politica, la società e la cultura non possono
essere dominate da una mentalità del breve termine e dalla ricerca
di un immediato ritorno finanziario o elettorale. Esse devono invece
essere urgentemente riorientate verso il bene comune, che comprende
la sostenibilità e la cura del creato.
Un
caso concreto è quello del “debito ecologico” tra il Nord e il
Sud del mondo (cfr ibid., 51-52). La sua restituzione richiederebbe
di prendersi cura dell’ambiente dei Paesi più poveri, fornendo
loro risorse finanziarie e assistenza tecnica che li aiutino a
gestire le conseguenze dei cambiamenti climatici e a promuovere lo
sviluppo sostenibile.
La
protezione della casa comune richiede un crescente consenso politico.
In tal senso, è motivo di soddisfazione che a settembre 2015 i Paesi
del mondo abbiano adottato gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, e
che, a dicembre 2015, abbiano approvato l’Accordo di Parigi sui
cambiamenti climatici, che si pone l’impegnativo ma fondamentale
obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale. Ora i
Governi hanno il dovere di rispettare gli impegni che si sono
assunti, mentre le imprese devono fare responsabilmente la loro
parte, e tocca ai cittadini esigere che questo avvenga, anzi che si
miri a obiettivi sempre più ambiziosi.
Cambiare
rotta quindi consiste nel «rispettare scrupolosamente il
comandamento originario di preservare il creato da ogni male, sia per
il nostro bene sia per il bene degli altri esseri umani». Una
domanda può aiutarci a non perdere di vista l’obiettivo: «Che
tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di
noi, ai bambini che stanno crescendo?» (Enc. Laudato si’, 160).
5.
Una nuova opera di misericordia
«Niente
unisce maggiormente con Dio che un atto di misericordia – sia che
si tratti della misericordia con la quale il Signore ci perdona i
nostri peccati, sia che si tratti della grazia che ci dà per
praticare le opere di misericordia in suo nome». Parafrasando san
Giacomo, «la misericordia senza le opere è morta in sé stessa. […]
A causa dei mutamenti del nostro mondo globalizzato, alcune povertà
materiali e spirituali si sono moltiplicate: diamo quindi spazio alla
fantasia della carità per individuare nuove modalità operative. In
questo modo la via della misericordia diventerà sempre più
concreta».
La
vita cristiana include la pratica delle tradizionali opere di
misericordia corporali e spirituali. «Di solito pensiamo alle opere
di misericordia ad una ad una, e in quanto legate ad un’opera:
ospedali per i malati, mense per quelli che hanno fame, ostelli per
quelli che sono per la strada, scuole per quelli che hanno bisogno di
istruzione, il confessionale e la direzione spirituale per chi
necessita di consiglio e di perdono… Ma se le guardiamo insieme, il
messaggio è che l’oggetto della misericordia è la vita umana
stessa nella sua totalità».
Ovviamente
la vita umana stessa nella sua totalità comprende la cura della casa
comune. Quindi, mi permetto di proporre un complemento ai due
tradizionali elenchi di sette opere di misericordia, aggiungendo a
ciascuno la cura della casa comune. Come opera di misericordia
spirituale, la cura della casa comune richiede «la contemplazione
riconoscente del mondo» (Enc. Laudato si’, 214) che «ci permette
di scoprire attraverso ogni cosa qualche insegnamento che Dio ci
vuole comunicare» (ibid., 85). Come opera di misericordia corporale,
la cura della casa comune richiede i «semplici gesti quotidiani nei
quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento,
dell’egoismo […] e si manifesta in tutte le azioni che cercano di
costruire un mondo migliore» (ibid., 230-231).
6.
In conclusione, preghiamo
Nonostante
i nostri peccati e le spaventose sfide che abbiamo di fronte, non
smarriamo mai la speranza: «Il Creatore non ci abbandona, non fa mai
marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci
creato [...] perché si è unito definitivamente con la nostra terra,
e il suo amore ci conduce sempre a trovare nuove strade» (ibid., 13;
245). In particolare il 1° settembre, e poi per tutto il resto
dell’anno, preghiamo:
«O
Dio dei poveri,
aiutaci
a riscattare gli abbandonati
e
i dimenticati di questa terra
che
tanto valgono ai tuoi occhi. […]
O
Dio d’amore, mostraci il nostro posto in questo mondo
come
strumenti del tuo affetto per tutti gli esseri di questa terra»
(ibid., 246).
O
Dio di misericordia, concedici di ricevere il tuo perdono
e
di trasmettere la tua misericordia in tutta la nostra casa comune.
Laudato
si’.
Amen.
Dal
Vaticano 1° Settembre 2016
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