sabato 28 novembre 2015

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO

      Oggi comincia il tempo dell’Avvento, il tempo della preparazione alla venuta del Signore. È un tempo di preparazione al Natale, ma è anche un tempo di preparazione all’ultima venuta del Signore.

Nella prima lettura (Ger 33,14-16) si può vedere un annuncio della venuta del Signore a Natale. Infatti, in un oracolo del profeta Geremia viene comunicato che Dio realizzerà le promesse di bene che ha fatto alla casa d’Israele e alla casa di Giuda, e che farà germogliare per Davide un germoglio di giustizia. 
     Il termine “germogliare” fa pensare alla preparazione di una nascita: la nascita del Messia, che viene a salvare.
Ma egli viene anche per mettere dappertutto la giustizia, perché senza giustizia non c’è salvezza. Quindi questo Messia “eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra”.

Abbiamo qui una prospettiva meravigliosa: il dono della giustizia da parte di Dio. Il Regno di Dio è vicino.

Le altre letture trattano della seconda venuta del Signore.

Parlando ai Tessalonicesi (1 Ts 3,12-4,2), Paolo li invita a prepararsi al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti suoi santi; e nel Vangelo (Lc 21,25-28.34-36) Gesù fa previsioni sugli ultimi tempi e dà consigli sul modo di prepararsi ad essi. Anche se l’ultimo giorno non sta per venire subito, dobbiamo essere sempre preparati alla venuta di Cristo nella nostra vita di ogni giorno, e specialmente al momento della nostra morte: “State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso”. È necessario vegliare per essere preparati.

Nel mondo d’oggi ci sono tante occasioni di distrazioni, e anche di eccessi, perciò dobbiamo essere sempre attenti, evitare di seguire una via sbagliata che porta al fallimento e alla perdizione.

Nella consapevolezza che sempre e nonostante tutto siamo amati dal Signore, e che la sua venuta è per la nostra salvezza, manteniamoci liberi da tutto e viviamo in funzione dell’incontro con Lui.

Se ci lasciamo ingrovigliare e appesantire dagli “affanni della vita”, non è verso il futuro che marciamo, ma rimaniamo inchiodati al presenti e fagocitati dalle cose della terra: il regno di Dio sta oltre! Dobbiamo muoverci verso di esso con il cuore ela mente pieni di amore e di desiderio.

È vero che “quel giorno” si abbatterà “improvviso” su tutti gli uomini, “come un laccio”; ma il rischio è solo per coloro che non sono pronti a “comparire davanti al Figlio dell’uomo”. Per chi, invece, l’avrà amato, servito, desiderato, quello sarà l’incontro più bello.

Di qui l’enorme importanza che Luca attribuisce alla “vigilanza” e alla “preghiera”. La prima richiama l’atteggiamento della sentinella che, soprattutto durante la notte, scruta ogni segno di insidia e di assalto improvviso; la seconda esprime il sentimento di bisogno e di fiducia di chi si trova in situazione di difficoltà. Vigilando e pregando”in ogni momento”, il cristiano fa diventare tutta la sua vita un “continuo” avvento perché non vuole e non può perdere nulla delle infinite “visite” del suo Signore: quelle di ieri, quelle di oggi, quelle ancora più belle di domani.



Buon Avvento a tutti!

                                                             Don Piero De Santis

GRADINI DI SANTITA'

In questo sacro tempo di Avvento, cantiamo il bell'inno medioevale “Conditor alme siderum”. Quanti Santi lo hanno cantato e meditato prima di noi!
E' preghiera antica, ed insieme è teologia, è poesia, è squisita letteratura.
Questo canto possa aiutare anche noi nella nostra preparazione al Santo Natale.

Conditor alme siderum

Cónditor alme síderum,
ætérna lux credéntium,
Christe, redémptor ómnium,
exáudi preces súpplicum.
Qui cóndolens intéritu
mortis períre sæculum,
salvásti mundum lánguidum,
donans reis remédium,
Vergénte mundi véspere,
uti sponsus de thálamo,
egréssus honestíssima
Vírginis matris cláusula.
Cuius forti poténtiæ
genu curvántur ómnia;
cæléstia, terréstria
nutu faténtur súbdita.
Te, Sancte, fide quæsumus,
ventúre iudex sæculi,
consérva nos in témpore
hostis a telo pérfidi.
Sit, Christe, rex piíssime,
tibi Patríque glória
cum Spíritu Paráclito,
in sempitérna sæcula. Amen.
Benigno Creatore degli astri

Benigno Creatore degli astri,
eterna Luce dei credenti,
Cristo, redentore di tutti,
esaudisci le preghiere di chi ti supplica.
Tu compatendo il mondo
che andava in rovina nella morte,
salvasti l'umanità ammalata,
donando una cura ai peccatori,
Mentre scendeva la sera del mondo,
come uno sposo uscito dal letto nuziale,
(nascesti) dal castissimo
grembo della Vergine Madre.
Alla tua forte potenza
ogni ginocchio si piega;
sia in cielo sia in terra,
sottomesso alla tua volontà.
Te, o Santo, con fede preghiamo,
tu, che verrai come giudice del mondo:
conservaci nel tempo
dalla lancia del perfido nemico.
O Cristo, re piissimo,
a te e al Padre sia gloria
con lo Spirito Paraclito
per i secoli eterni. Amen

LA SETTIMANA IN PARROCCHIA

APPUNTAMENTI DAL 30 NOVEMBRE AL 6 DICEMBRE 2015




Lunedì
30 novembre

Festa
di Sant'Andrea
Ore 7.30: S. Messa nella Chiesa della Madonna degli Angeli.

Ore 17.30: dalla Chiesa della Madonna degli Angeli si snoderà per le vie del centro storico la Processione con il simulacro di Sant'Andrea; al termine celebrazione della S. Messa.

Non ci saranno Sante Messe in Cattedrale.

Ore 11.00: Riunione della Commissione per la Catechesi.

Martedì
1 dicembre


Ore 18.30: Lectio Divina. Seguirà la celebrazione della S. Messa e l'Adorazione Eucaristica.

Ore 19.00: Prove del coro parrocchiale nel palazzo vescovile.

Mercoledì
2 dicembre


Ore 19.30: Incontro con i Ministri straordinari dell'Eucaristia.
Giovedì
3 dicembre


Ore 19.30: Prove del coro parrocchiale in Cattedrale.
Venerdì
4 dicembre

Primo Venerdì del Mese
Ore 8.30 - 12.00: Esposizione Eucaristica nella Chiesa di S. Teresa.

Ore 18.00: in Cattedrale catechesi per tutti gli iscritti all'Apostolato della Preghiera.
Ore 18.30: S. Messa.
Ore 19.00: Adorazione Eucaristica animata dall'Apostolato della Preghiera.

Ore 19.30: Consiglio per gli Affari Economici.

martedì 24 novembre 2015

CONVEGNO DI FIRENZE. I VIDEO DELLE SINTESI DEI LAVORI DI GRUPPO SULLE "CINQUE VIE"



Torniamo ad approfondire i temi del Convegno ecclesiale di Firenze.
Iniziamo da oggi, pubblicando i video delle sintesi dei lavori di gruppo sulle "cinque vie".

Clicca qui sotto:

- LE CINQUE VIE




lunedì 23 novembre 2015

GRADINI DI SANTITA' 22/11/2015

Benedetto sei tu, Signore,
Dio d'Israele, nostro padre,
ora e per sempre.

Tua, Signore, è la grandezza, la potenza,
lo splendore, la gloria e la maestà:
perchè tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo.

Tuo è il regno, Signore:
ti innalzi sovrano sopra ogni cosa.
Da te provengono la ricchezza e la gloria.

Tu domini tutto;
nella tua mano c'è forza e potenza,
con la tua mano dai a tutti ricchezza e potere.

sabato 21 novembre 2015

Azione Cattolica Adulti - Programmazione anno 2015/2016

Appuntamenti formativi:

  • Incontri formativi sul tema dell'anno, a partire dalla proposta della guida di AC Adulti, "Viaggiando", ogni secondo venerdì del mese:
  • 11 dicembre - I pastori: incontro che non ti aspetti;
  • 8 gennaio - Elisabetta: incontro che stupisce;
  • 12 febbraio - Simeone: l'incontro che attendi;
  • 11 marzo - Gesù: l'incontro che sconvolge;
  • 8 aprile - Pentecoste: l'incontro che invia.
  • 13 maggio - La Chiesa: luogo e tempo dell'INCONTRO.

Proposte:

  • Tombolata comunitaria nel mese di dicembre;
  • Concorso dei presepi;
  • Animazione dell'Adorazione Eucaristica nel terzo martedì di ogni mese, dopo la Lectio Divina;
  • In ordine al tema dell’Anno Pastorale diocesano, «Il Battesimo sorgente di vita nuova», si pensa ad una raccolta di foto della celebrazione del Battesimo, il più possibile datate, che potrebbe anche, secondo la risposta, diventare una mostra.
  • Al termine dell'anno pastorale, Benedizione delle famiglie. 

LA SETTIMANA IN PARROCHIA

APPUNTAMENTI DAL 23 AL 29 NOVEMBRE


Lunedì
23 novembre

Memoria
di Santa Cecilia

Ore 9.00: S. Messa nella Chiesa di San Luigi.

Ore 17.30: nella Chiesa di San Luigi S. Rosario.
Ore 18.00: Canto del Vespro.
Ore 18.30: Traslazione della statua di Santa Cecilia dalla Chiesa di San Luigi in Cattedrale e Solenne Celebrazione Eucaristica.

Martedì
24 novembre


Ore 18.30: Lectio Divina. Seguirà la celebrazione della S. Messa e l'Adorazione Eucaristica.
Mercoledì
25 novembre


Ore 19.00: Incontro con il gruppo Ministranti adulti. 
Ore 19.30: incontro con il gruppo Caritas parrocchiale.

Giovedì
26 novembre


Ore 19.30: prove del coro parrocchiale

Venerdì
27 novembre

Festa della Medaglia Miracolosa

Ore 9.00: S. Messa nella Chiesa di San Luigi.

Ore 17.00: nella Chiesa di S. Luigi, S. Rosario, Supplica alla Vergine SS.ma Immacolata nell’ora dell’Apparizione a Santa Caterina Labouré. Benedizione delle Medaglie.
Ore 18.00: Celebrazione Eucaristica.

Ore 19.30: Consiglio Pastorale parrocchiale.

Sabato
28 novembre


Domenica
29 novembre


Ore 17.15: nella Chiesa degli Angeli, Esposizione eucaristica.

Ore 18.15: Canto del Vespro e Benedizione eucaristica.




XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO -- SOLENNITÁ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO

Già l’antifona con cui si apre la liturgia della S. Messa della solennità di Cristo Re, ripresa dal libro dell’Apocalisse (5,12), ci introduce all'esatta comprensione della festa odierna: “L’Agnello immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza e sapienza e forza e onore”.
È il canto di “miriadi di miriadi” e di “migliaia di migliaia” di angeli (v.11) che, a nome di tutta la creazione, intendono celebrare Cristo quale autore della salvezza universale e nelle cui mani sono i destini del mondo. La sua sovranità, però, nasce solo dalla morte di croce, in fin dei conti dalla sua debolezza: è l’immagine dell’Agnello che esprime tutto questo, e anche il fatto che egli appaia come “immolato”.
Perciò non si tratta per niente di una festa “trionfalistica”, come il nome potrebbe anche far pensare e qualcuno di fatto sostiene, ma piuttosto di una confessione di fede nella universale potenza “salvante” di Cristo, che attinge tutta la sua forza della croce, che è segno più di sconfitta che di vittoria.
Però la sconfitta si è di fatto cambiata in vittoria, proprio perché l’amore non perde mai: e Cristo sulla croce ha manifestato il suo più grande amore verso gli uomini , dando loro testimonianza di come la vita ha un senso solo se donata per gli altri, infrangendo il cerchio delle chiusure, degli egoismi, delle contese che, di fatto, tendono sempre a colpire i più deboli. Egli è diventato re proprio in quanto vittima del “potere” ingiusto: perciò la sua “regalità” non può assumere la figura di “contropotere”! Essa è sinonimo di amore, di donazione, di servizio, di umiltà, di pacificazione, di ribellione ad ogni ingiustizia e prepotenza, di cui lui è stato la vittima più illustre.
È quanto cantiamo nel bellissimo prefazio, nel quale ringraziamo il Padre, perché “ha consacrato sacerdote eterno e re dell’universo” il suo unico Figlio, affinchè “sacrificando se stesso immacolata vittima di pace sull'altare della croce, operasse il mistero dell’umana redenzione e, assoggettate al suo potere tutte le creature, offrisse alla sua maestà infinita il regno eterno e universale: regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace”.

PROGRAMMA DIOCESANO DEL GIUBILEO DELLA MISERICORDIA



martedì 17 novembre 2015

Testimonianze dai Convegni Ecclesiali - Roberto Piro (Loreto 1985 - Firenze 2015)


Completiamo la pubblicazione delle testimonianze di chi, negli anni passati, ha partecipato, quale delegato della nostra Diocesi, ai Convegni ecclesiali.  Riportiamo la testimonianza di Roberto Piro che fu delegato diocesano al Convegno di Loreto, nel 1985, e che ha partecipato al Convegno di Firenze.

Ebbi la gioia di andare a Loreto quale delegato della Diocesi di Gallipoli al Convegno ecclesiale che si tenne nella città mariana nel mese di aprile del 1985. Fui scelto dal Vescovo di allora, Mons. Aldo Garzia, senza alcun merito, probabilmente per la militanza nell'Azione cattolica della mia parrocchia e la responsabilità che avevo a livello diocesano.
Avevo vissuto altre esperienze di Convegni ed Assemblee nazionali di AC. Ma quella fu, ed è rimasta, la più bella esperienza di Chiesa, pareggiata dalla recente partecipazione al Convegno di Firenze.
Raggiungemmo Loreto, viaggiando nella stessa auto, io, don Gigi De Rosa e lo stesso Vescovo Garzia. E poi, lì, a tu per tu, con Vescovi, Cardinali e migliaia di fratelli e sorelle uniti nell'unica fede.
Esperienza vera di comunione ecclesiale. Sin dalle prime ore del mattino, in tutti i giorni del Convegno, ci si incontrava nella chiesetta prossima all'albergo in cui alloggiavamo, davanti all'Altare, a recitare le lodi del mattino, ascoltare la Parola, celebrare l'Eucaristia.
Fu un periodo intenso quello che ebbi a vivere in quel periodo. Lo erano state le settimane preparatorie e lo furono quelle successive, con tantissimi incontri a livello diocesano e parrocchiale. Intensissime, quelle vissute a Loreto, dove, secondo lo schema classico dei Convegni ecclesiali, si passava dalle relazioni in aula, ai lavori nei gruppi, per poi ritornare in aula per le conclusioni. Ma l'emozione maggiore fu, ed è rimasta tale anche ora nei ricordi, la visita e l'intervento di Giovanni Paolo II.
Un Papa nel pieno vigore, seppure “reduce” dall'attentato del 1981, diede un forte messaggio ad una chiesa italiana che si interrogava sul ruolo da assumere in una società in continuo cambiamento e sempre più secolarizzata.
Il tema del Convegno era “Riconciliazione Cristiana e comunità degli uomini” e, sia negli interventi in aula e nei gruppi di lavoro, ma soprattutto dalle parole di papa Wojtyla, venne una forte spinta a rinnovare la Chiesa, a renderla più capace di ascoltare le mutate esigenze della società italiana, senza assecondarle, ma sapendo utilizzare un sano discernimento, capace di indicare le vie della promozione umana attraverso l'impegno nel sociale. Musica per le orecchie di chi, come me, aveva già affrontato l'esperienza politica.
Ricordi belli quelli legati ai protagonisti principali di quel Convegno che più catturarono la mia curiosità e la mia attenzione: il Cardinale Ballestrero, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale di Palermo Pappalardo, il teologo Bruno Forte, attuale Vescovo di Chieti.
Un bel ricordo, il più intimo, quello della scoperta della Casa Santa. Un luogo straordinario, in cui mi capitò, senza esserne preparato, di leggere “HIC VERBUM CARO FACTUM EST,  e di ritrovarmi il cuore carico di emozioni.
Un'emozione che, da allora, mi ha fatto tornare più volte e non mi consente di transitare dall'Autostrada A14 senza imboccare, sia pure per una breve visita, l'uscita per Loreto.

****

La recente partecipazione, ad altro titolo, al Convegno di Firenze ha fatto riemergere in me tutti questi ricordi. Ma mi ha fatto, ancora una volta, assaporare il gusto dell’essere Chiesa, in una società che in questi trent’anni ha avuto grandi mutamenti e che, ancora di più, ha bisogno di ritrovare in Gesù Cristo il nuovo umanesimo.
Il forte messaggio di Papa Francesco che richiama valori come l’umiltà ed il disinteresse, risuona ancora nella mia mente, assieme al forte monito rivolto a tutta la Chiesa ad essere sempre più vicina agli “abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti”.
Il ricordo dei luoghi e delle situazioni questa volta non è legato ai soli tesori di arte di cui è piena Firenze ed alle sue stupende Basiliche, ma ad una ragazza sui vent’anni che, accanto a me, in uno stadio gremito fino all’inverosimile, al passaggio di Francesco, a stento riesce a scattare qualche foto con il suo telefonino perché presa dall’emozione e da un pianto incontenibile.

Roberto Piro

lunedì 16 novembre 2015

Testimonianze dai Convegni ecclesiali - Laura Magliola (Palermo 1995)

Continuiamo la pubblicazione delle testimonianze di chi, negli anni passati, ha partecipato, quale delegato della nostra Diocesi, ai Convegni ecclesiali. 
E' la volta di Laura Magliola che fu delegata diocesana al Convegno di Palermo, nel 1995.

Al Convegno di Palermo del '95, la mia fu più che mai una presenza di servizio in qualita` di presidente diocesano di Azione Cattolica, qual ero in quel triennio.
Avvertii subito la dimensione del convenire in un percorso unitario nel quale i "rivoli" delle diverse diocesi italiane confluivano per fondersi in unita` di ascolto, dialogo, riflessione e preghiera.

Due icone indelebili hanno segnato profondamente in me quell' esperienza, il volto dell'amatissimo Mons. Fusco e la grigia sala, sede della discussione dell' ambito sociale, in cui ero inserita, nel cuore di uno dei quartieri più degradati di Palermo.
Mons. Fusco era stato appena consacrato vescovo e inviato nella nostra diocesi di Nardò-Gallipoli; i preparativi e l’itinerario di viaggio erano già pronti. Si raggiungeva Palermo in volo con un Brindisi – Roma e un Roma – Palermo: mattina molto presto a Brindisi, sbarco a Fiumicino già stanchi e un po’ assonnati ed ecco che col suo miglior piglio burbero e cordiale insieme, il nostro Vescovo ci guida al trotto per tutto l’immenso aeroporto fino alla Cappella posta, com’è noto, nell’ala dei voli internazionali, si inginocchia in preghiera e dietro a lui tutti noi, in un silenzio forte di comunione d’intenti e di presenza, che lascia traccia indelebile in ciascuno di noi.

Poi ci fu l’evolversi dei lavori del Convegno nella splendida cornice d’arte e natura di quella Palermo sfondo adeguato per quella riflessione ed auspicio per una nuova società , al centro del Convegno.
In tale chiave ecco l’altro indimenticabile ricordo di quella sala, a metà fra teatrino e saletta di periferia, nella quale l’ambito sociale in cui ero inserita insieme al nostro don Gigi De Rosa, proponeva riflessioni e suggerimenti. 

L’effetto? Una pluralità di esperienze differenti e tanta affinità di analisi nel percepire nettamente di essere su un crinale storico- sociale verso uno snodo fortemente critico ad ampio spettro, sul quale nel decennio successivo si sarebbe tanto lavorato e pregato al punto di aprirsi al tema della speranza, perno tematico del successivo Convegno di Verona. 
 
E’ sempre un cammino di grazia ogni convenire nel nome del Signore.

Laura Magliola

domenica 15 novembre 2015

GRADINI DI SANTITA' 15/11/2015

       Elemento fondamentale per la comunità è la prontezza a donarsi sulla linea del servizio. Un servizio che esige tutto un fascino di sottili rinunce quotidiane, con il sorriso sulle labbra. Bisognerà dunque mettersi all'opera per diventare un bel dono da offrire agli altri.
                                         (Mariano Magrassi osb)

sabato 14 novembre 2015

Testimonianze dai Convegni ecclesiali - Carolina Cappello (Verona 2006)

Per continuare a mantenere desta l'attenzione della nostra comunità sul Convegno Ecclesiale nazionale, nelle prossime settimane pubblicheremo ulteriori notizie ed approfondimenti sui temi che sono stati argomento dell'evento.
Da oggi diamo spazio alla testimonianza di chi, negli anni passati, ha partecipato, quale delegato della nostra Diocesi, ai Convegni di Loreto (1985), Palermo (1995), Verona (2006).
Cominciamo dal ricordo di Carolina Cappello, che fu delegata diocesana al Convegno di Verona.

“ Sono passati dieci anni da quando, una sera, sentendo squillare il mio cellulare e rispondendo, pensavo fosse un amico che preso da forte senso di umorismo si spacciava per il Vicario Generale, Mons. Gino Ruperto. Dopo un attimo di esitazione e sentendo che una voce convinta mi invitava a partecipare al Convegno di Verona che da lì ad un anno ci sarebbe stato, mi resi conto che non era uno scherzo, ma qualcosa di inaspettato che mi era caduta dal cielo.
Io, a Verona, al Convegno ecclesiale nazionale, con altri 3 rappresentanti laici della Diocesi, col Vescovo, col Papa; dissi un sì non molto convinto e corsi in Parrocchia a chiedere consiglio. Realizzai che, giovane e inesperta delle “cose di Chiesa”, sebbene animata da tanto entusiasmo, non ero la più adatta a testimoniare il mio far parte della Chiesa alla Nazione, tuttavia non mi sottrassi e iniziai a prepararmi con la mente e col cuore a questo evento che avrebbe segnato una fondamentale tappa della mia vita di fede.
Gli incontri a Bari e in Diocesi, la lettura di tutti i documenti preparatori al Convegno ed infine il viaggio, nell'ottobre 2006, per la prima volta in aereo, senza la mia famiglia, verso una città a me sconosciuta, con dei compagni di viaggio meravigliosi.
Ricordo con tanta emozione l’accoglienza riservataci in quei giorni dalla gente: quanti applausi, quanti saluti, mentre i pullman ci accompagnavano nei luoghi di destinazione degli incontri.
A me fu destinata l’area della testimonianza; noi convegnisti, nei lavori di gruppo, avevamo il compito di individuare le problematiche che la Chiesa aveva nel trovare testimoni credibili della buona vita annunciata dal Vangelo, tenuto conto dell’impatto negativo che avevano i mass media nella vita quotidiana, e le conseguenti risoluzioni a tali problematiche.
Durante i lavori, le domande emergevano molto spinosamente più delle risposte: cosa fare contro le immagini distorte di vita che la televisione, i giornali e il modo di vivere d’oggi offrono? La consapevolezza che la chiesa stava attraversando un forte periodo di crisi era sempre più incalzante e la risposta più propositiva che si trovava era una sola: riscoprire il valore della preghiera quale unico tramite per ricondurre tutti all'Unico.
La risposta più vera in realtà, che poi è quella che più mi ha emozionata, è quella data a tutti i convenuti da Sua Santità, Benedetto XVI, allora Vicario di Dio sulla terra, il quale, nella giornata conclusiva dei lavori, candidamente e semplicemente, annunciava che “Dio ama unicamente ed esclusivamente ognuno di noi”.
Quante volte avevo sentito dire questo, ma quel giorno tutto ciò si è impresso definitivamente nel mio cuore dandomi tutte le risposte ai quesiti che in quei giorni erano venuti fuori. Ancora oggi, quella affermazione grida nel mio io più intimo la consapevolezza di non essere sola, ma di avere accanto il vero Amore che di continuo ti sussurra il suo “ti amo”, scopre il velo del dolore che offusca la vita e ti rende capace di raccontare la gioia di essere creatura cullata tra le braccia del Creatore. “

Carolina Cappello


LA SETTIMANA IN PARROCCHIA

Appuntamenti dal 15 – 22 novembre 2015

Lunedì
16 novembre
- ore 20.30: incontro con i Priori e i referenti del Movimento giovanile delle Confraternite.
Martedì
17 novembre

- Ore 18.30: Lectio Divina, segue Ss. Messa
Mercoledì
18 novembre
- Ore 20.00: incontro commissione catechesi
- Ore 20.30: incontro con i catechisti
Giovedì
19 novembre
Convegno Catechisti”
- Nardò, chiesa S.M. degli Angeli,ore 18.00 - 20.30:
Convegno Catechisti

Venerdì
20 novembre
Convegno Catechisti”
- Nardò, Seminario Diocesano, ore 18.00 - 20.30:
laboratori di secondo annunzio, per i catechisti che usano il testo 
“ Io sono con Voi”
Domenica
22 novembre
Solennità

Cristo Re dell’Universo”



Giornata di ringraziamento per l’anno liturgico trascorso
Cattedrale, ore 17:
Adorazione Eucaristica animata dall'Apostolato della Preghiera, 
Ass. San Luigi e Confraternita delle Anime.

Ore 18.10: Vespri e Ss. Messa
Dopo la Celebrazione Eucaristica Esposizione Eucaristica 
con adorazione comunitaria e canto del “Te Deum”.


venerdì 13 novembre 2015

Discorso conclusivo del Card. Angelo Bagnasco


5° Convegno Ecclesiale Nazionale 

Prospettive 

Discorso conclusivo del Card. Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana


1. L’occasione propizia e provvidenziale del Convegno

Cari fratelli nel Signore, è con cuore grato che concludiamo i lavori di questo Convegno ecclesiale, occasione di grazia e tempo di ascolto della Parola e della volontà di Dio sulla nostra Chiesa. Veramente il convenire, che ha scandito i decenni dopo il Concilio, è divenuto preziosa tradizione di confronto e discernimento a livello comunitario; ci ha aiutato e ci aiuta a recepire le istanze conciliari, a rafforzare la nostra testimonianza di fede e a contribuire al bene comune del Paese.
Per molti mesi abbiamo preparato queste giornate, in modo che non fossero un evento isolato, ma il punto di arrivo di un percorso condiviso e approfondito. Il frutto di tale itinerario rappresenta fin d’ora un nuovo punto di partenza per il cammino delle nostre comunità e dei singoli credenti. In questo senso, sarebbe parziale affermare che la Chiesa italiana ha celebrato in questi giorni il suo quinto Convegno ecclesiale; ben di più, essa ha scelto di assumere il percorso del Convegno e di mettersi in gioco, in un impegno di conversione finalizzato a individuare le parole più efficaci, le categorie più consone e i gesti più autentici attraverso i quali portare il Vangelo nel nostro tempo agli uomini di oggi.
È uno scopo che ci è stato presentato con chiarezza nella prolusione con cui Mons. Nosiglia ha aperto il nostro appuntamento fiorentino: con lui ringraziamo l’intero Comitato preparatorio e la Giunta per l’impegno costante e qualificato che ci hanno offerto. La gratitudine va anche ai moderatori, ai facilitatori dei gruppi di lavoro e ai relatori finali; va a ogni convegnista, per l’investimento di tempo ed energia che ha messo a disposizione con la sua partecipazione. Abbiamo apprezzato le meditazioni spirituali e il respiro degli eventi culturali che ci sono stati proposti. La nostra riconoscenza è, quindi, per questa Chiesa e per il suo pastore – il Cardinale Giuseppe Betori –, per l’accoglienza che abbiamo ricevuto anche attraverso il servizio di centinaia di volontari, che è integrato con il prezioso lavoro della Segreteria Generale della CEI. Siamo grati, infine, alle autorità civili che, in forme diverse, si sono rese presenti a questo nostro evento: dal Sindaco di questa città, Dario Nardella, al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Come comunità ecclesiale assumiamo con rinnovato impegno la disponibilità all’incontro e al dialogo per favorire l’amicizia sociale nel Paese e cercare insieme il bene comune.
Cari fratelli, quello fatto insieme è stato un cammino sinodale, che ci ha fatto sperimentare la bellezza e la forza di essere parte viva del popolo di Dio, sostenuti dalla comunione fraterna, che in Cristo trova la sua fonte e che ci apre quindi alla condivisione, alla correzione vicendevole e alla comunicazione di idee e carismi. L’immagine del corpo, valorizzata in più punti del Nuovo Testamento per raccontare l’essenza della Chiesa, ci fa sentire responsabili gli uni degli altri; una responsabilità che si estende anche oltre la comunità cristiana e raggiunge tutte le persone, fino alle più lontane, ben sapendo che “non esistono lontani che siano troppo distanti, ma soltanto prossimi da raggiungere”1.
Ecco cosa significa che la Chiesa è madre: lo è verso di noi, che ha generato e istruito nella fede, e lo è verso tutti gli uomini, soprattutto gli ultimi, che da lei devono potersi sentire accolti, consolati e spronati. È nelle sue parole e nelle sue scelte – perciò in noi – che chi la guarda può incontrare un segno dell’amore e della tenerezza di Dio, e uno strumento di unità. Tale consapevolezza ci fa percepire l’importanza che la nostra testimonianza sia limpida, che il nostro linguaggio raggiunga le menti e i cuori, e che sappiamo avvicinarci con compassione alle persone nelle tante fragilità che sperimentano ogni giorno.
Il Santo Padre, nel discorso programmatico che ci ha rivolto martedì scorso nella Cattedrale di Firenze, ci ha mostrato lo spirito e le coordinate fondamentali che si attende dalla nostra Chiesa. Ci ha chiesto autenticità e gratuità, spirito di servizio, attenzione ai poveri, capacità di dialogo e di accoglienza; ci ha esortati a prendere il largo con coraggio e a innovare con creatività, nella compagnia di tutti coloro che sono animati da buona volontà.
Il testo del Santo Padre andrà meditato con attenzione, quale premessa per riprendere, su suo invito, l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium nelle nostre comunità e nei gruppi di fedeli, fino a trarre da essa criteri pratici con cui attuarne le disposizioni.

2. Il bisogno di salvezza da parte di un’umanità fragile e ferita
Le due relazioni introduttive al Convegno ci hanno richiamato le tante povertà che caratterizzano il nostro contesto sociale, e vanno a incidere sul vissuto concreto delle persone, lasciandole talora ferite ai bordi della strada. L’uomo rimane spesso vittima delle sue fragilità spirituali e della disarmonia che deriva dalla rottura di alleanze vitali, come ci ricordava Mons. Giuseppe Lorizio. È estremamente diffuso, oggi, un profondo senso di solitudine e di abbandono; un sentimento di vuoto, legato alla mancanza di mete alte e di persone con le quali condividere obiettivi e impegnarsi per conseguirli. La nostra stessa vita – ci ha aiutato a riconoscere il Prof. Mauro Magatti – rischia di diventare un’astrazione, sempre più frammentata, priva di consistenza e separata da ciò che la circonda, perfino dagli affetti più profondi. Quanti passano buona parte delle loro giornate in mezzo ad altri, ma senza conoscere in modo profondo alcuno e senza essere da alcuno conosciuti nella loro intimità! Questo genera un disagio profondo e insoddisfazione, senza che se ne comprendano le cause, le quali sono da cercare non tanto nella malizia o nell’egoismo dei singoli, ma nella miseria culturale che hanno respirato, nella carente o del tutto assente educazione spirituale e umana, che ha fatto mancare la percezione e l’esperienza dei valori più genuini e non ha guidato a essi. Ai nostri giovani la cultura dominante offre ideali non autentici, legati al perseguimento di un successo effimero o di soddisfazioni momentanee. E lo fa con una pervasività e un’efficacia quasi disarmanti.
È così che tanti sono spinti ad accettare come verità assolute e incontestabili che il tempo sia denaro, con la conseguenza che solitamente non ne rimane per stare vicino agli ammalati e agli anziani; che il valore delle persone sia legato alla loro efficienza, con l’effetto di scartare o sopprimere la vita imperfetta o improduttiva; che dipenda essenzialmente dai beni materiali la qualità della vita. Ancora, che ognuno debba cavarsela da solo, tentazione che alimenta l’individualismo e sprona alla diffidenza e alla falsità, facendo mancare il collante della fiducia che tiene unita una società. Tutto questo genera un carico di sofferenza profonda e in genere inespressa, che rivela il bisogno di una luce per orientare il proprio cammino, e di una mano per non compierlo da soli.
Partendo dalla fede in Cristo Gesù, il Prof. Lorizio ci ha indicato la via dell’umanesimo della nuova alleanza, che si deve realizzare nelle alleanze che la vita quotidiana ci chiama a custodire e a risanare, se infrante: l’alleanza col creato, l’alleanza uomo-donna, l’alleanza fra generazioni, l’alleanza fra popoli, culture e religioni, l’alleanza fra i singoli e le istituzioni sia civili che ecclesiali. Il Prof. Magatti, a sua volta, ci ha provocati a un umanesimo della concretezza, con cui combattere la frammentazione e riqualificare il rapporto tra la nostra persona e la realtà che ci circonda, nella responsabilità verso la rete di rapporti in cui siamo immersi e di cui siamo fatti. Ci ha anche ricordato ciò che caratterizza positivamente la storia del nostro Paese – il ‘made in Italy’, il volontariato, le cento città, l’artigianato, l’arte, la cura, la carità, le tante forme di sussidiarietà ed economia civile, la famiglia –: sono espressioni già presenti nella realtà, preziosa eredità affidata alla nostra responsabilità.
Da questa consapevolezza muove lo stesso progetto educativo del decennio in corso, declinato nelle cinque vie indicate dal Convegno che tracciano la via missionaria da percorrere per portare a tutti il messaggio di speranza che proviene da Vangelo, e per ricostruire, sulla base di principi più solidi, un tessuto sociale maggiormente vivibile e solidale, che veicoli valori autentici e umanizzanti, e faciliti il conseguimento di una felicità vera e non surrogata.

3. Lo sguardo a Gesù come ispirazione di un nuovo umanesimo
La ricostruzione dell’umano, che la Chiesa avverte come suo compito primario e inscindibile dall’annuncio del Vangelo, passa da un’attenta conoscenza delle dinamiche e dei bisogni del nostro mondo, quindi dall’impegno a un’inclusione sociale che ha a cuore innanzitutto i poveri. Tale impegno operoso muove da un costante riferimento alla persona di Gesù Cristo, modello e maestro di umanità, che dell’uomo è il prototipo e il compimento. “Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in lui i tratti del volto autentico dell’uomo”2 – ci ha detto martedì il Papa –: “Solo se riconosciamo Gesù nella Sua verità, saremo in grado di guardare la verità della nostra condizione umana e potremo portare il nostro contributo alla piena umanizzazione della società”3 Spetta a noi mostrare a tutti l’infinito tesoro racchiuso nella sua persona, e la luce che da Lui si irradia sulle nostre inquietudini, sulle problematiche e le varie situazioni di vita. Lasciamoci guardare da Lui, “misericordiae vultus”, consapevoli che la condizione primaria di ogni riforma della Chiesa richiede di essere radicati in Cristo. Contempliamo, quindi, senza stancarci l’umanità di Gesù: in Lui siamo ridestati alla vita, riconosciamo un’esistenza unificata, raccolta attorno alla costante ricerca della volontà del Padre, e al tempo stesso tutta protesa verso il prossimo.
Al nostro mondo, spesso così esposto al rischio dell’autosufficienza o alla tentazione di ridurre Dio ad astratta ideologia, l’esistenza di Gesù, fattasi dono perfetto, rappresenta l’antidoto più efficace. La vita di ognuno, infatti, “si decide sulla capacità di donarsi”; è in questo trascendere se stessa che la vita “arriva a essere feconda”. Non solo: proprio nel dedicarsi al servizio dei fratelli – a partire da una convinta opzione per i poveri – il Signore indica la via per quella beatitudine che il Santo Padre ci ha proposto come uno dei tratti distintivi del credente. Il Papa ci ricordava che la gioia del cristiano è quella di chi conosce “la ricchezza della solidarietà, del condividere anche il poco che si possiede; la ricchezza del sacrificio quotidiano di un lavoro (…) svolto per amore verso le persone care; e anche quello della proprie miserie che, tuttavia, quando sono vissute con fiducia nella provvidenza e nella misericordia di Dio, alimentano una grandezza umile”. Come pastori, sappiamo quanto queste esperienze siano ancora largamente diffuse tra la nostra gente.
Con i suoi gesti, le sue parole e i suoi silenzi, Gesù ci mostra anche come vivere il dolore senza disperare e come reagire alle provocazioni non con la violenza, ma con la forza della verità e del perdono. Questa mitezza conduce a riconoscere il mistero divino, sulla scorta del centurione che assiste alla sua morte in croce. Proprio nella massima debolezza sta il momento di massima rivelazione di Dio, la sua gloria. Mistero stupendo e sconvolgente, che ancora e ogni giorno deve ribaltare i nostri criteri di valutazione su ciò che vediamo e su quanto ci accade. Dio rivela la sua potenza nella debolezza: ecco il cardine del Vangelo che, se nuovamente accolto, disegna un preciso progetto di vita che rovescia qualsiasi canone antropologico inautentico e oppressivo, e porta anche a un utilizzo del denaro, dei mezzi e delle stesse strutture all’insegna dell’essenzialità, della disponibilità e della gratuità. Allora le Beatitudini evangeliche sono davvero “lo specchio in cui guardarci, quello che ci permette di sapere se stiamo camminando sul sentiero giusto”.

4. Le cinque vie, per una Chiesa sempre più missionaria
Per seguire e imitare Gesù, rendendolo presente agli occhi del nostro mondo, come Chiesa siamo chiamati a vivere in uno stato di continua missione. Nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo a tutti gli uomini riconosciamo il senso e il centro del nostro esistere. È quanto il Santo Padre non si stanca di dirci con la sua parola e il suo esempio, spronarci a una conversione pastorale che faccia della Chiesa una comunità aperta, protesa verso le periferie geografiche ed esistenziali. È quanto abbiamo messo a tema del nostro Convegno, proponendoci di percorrere con sempre maggior determinazione l’unica via, articolata nell’uscire, nell’annunciare, nell’abitare, nell’educare e nel trasfigurare.
L’impegno a valorizzare fin dal prossimo futuro quanto emerso dai lavori di gruppo e presentato nelle sintesi finali, mi permette ora di proporre semplicemente alcune sottolineature.
Dobbiamo anzitutto uscire, andare. Non basta essere accoglienti: dobbiamo per primi muoverci verso l’altro, perché il prossimo da amare non è colui che ci chiede aiuto, ma colui del quale ci siamo fatti prossimi. “Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza”,4 ci ha detto Papa Francesco. Tale sia lo spirito con cui anche noi agiamo: quello di chi ha premura verso tutti e va loro incontro per incontrarli e creare ponti con loro, e tra loro e Cristo. Dobbiamo uscire e creare condivisione e fraternità: le nostre comunità e associazioni, i gruppi e i singoli cristiani, vivano sempre con questo spirito missionario, e su di esso si verifichino periodicamente, poiché da ciò dipende l’autenticità della proposta. Ben venga, quindi, l’impegno – appena risuonato – a formare all’audacia della testimonianza, come quello di promuovere il coraggio della sperimentazione, secondo quanto richiesto soprattutto dai giovani.
Il passaggio successivo consiste nell’annunciare la persona e le parole del Signore, secondo le modalità più adatte perché, senza l’annuncio esplicito, l’incontro e la testimonianza rimangono sterili o quantomeno incompleti. Per portare efficacemente la Parola – l’abbiamo appena sentito – bisogna esserne uditori attenti, fino a restarne trasformati: è davvero necessario un rinnovato sforzo di approfondimento e condivisione della Parola, se vogliamo far nostro il pensiero e la mentalità biblica. Da qui scaturisce uno sguardo evangelico sulla realtà; da qui si diviene capaci di relazioni vere, quindi di incontro, partecipazione e condivisione; da qui, facciamo nostra l’attenzione a non escludere nessuno. Sì, per quanto importante, un grande cuore non basta: la formazione degli operatori, sacerdoti inclusi, deve interrogarci quanto l’educazione dei bambini e dei ragazzi. Un importante capitolo è pure quello che riguarda la comunicazione e la condivisione del messaggio attraverso le moderne tecnologie, delle quali è importante servirsi con sapienza e senza timore.
La terza tappa della missione consiste nell’abitare, termine con il quale ci richiamiamo a una presenza dei credenti sul territorio e nella società, secondo un impegno concreto di cittadinanza, in base alle possibilità di ognuno: nell’impegno amministrativo e politico in senso stretto, ma anche attraverso un attivo interessamento per le varie problematiche sociali e la partecipazione a diverse iniziative. Abitare significa essere radicati nel territorio, conoscendone le esigenze, aderendo a iniziative a favore del bene comune, mettendo in pratica la carità, che completa l’annuncio e senza la quale esso può rimanere parola vuota. “Mantenere un sano contatto con la realtà, con ciò che la gente vive, con le sue lacrime e le sue gioie – ci ha detto il Santo Padre – è l’unico modo per poterla aiutare, è l’unico modo per parlare ai cuori toccando la loro esperienza quotidiana”5 Qui, un grazie convinto va speso per le diverse forme di associazionismo e di partecipazione: sì, non partiamo da zero! Nel contempo, anche alla luce di recenti fatti di cronaca, ribadiamo che l’impegno del cattolico nella sfera pubblica deve testimoniare coerenza e trasparenza. Sono rimasto colpito soprattutto dalle attese emerse dai giovani, dalla loro richiesta di riconoscimento, di spazi e di valorizzazione: sono condizioni perché la fiducia che diciamo di avere in loro non rimanga a livello di parole, troppe volte contraddette dalla nostra povera testimonianza.
La comunità e i credenti sono poi chiamati al compito di educare per rendere gli atti buoni non un elemento sporadico, ma virtù, abitudini della persona, modi di agire e di pensare stabili, patrimonio in cui la persona si riconosce. Sì, è una famiglia ed è una comunità quella che educa: entrambe necessitano di adulti che siano tali. Ben venga tanto l’indicazione ad accompagnare le famiglie – anche con percorsi di educazione alla genitorialità e alla reciprocità – quanto di porre nuova attenzione per la scuola e l’Università, come pure a fare rete con le diverse istituzioni educative presenti sul territorio creando sinergie e costruendo relazioni che portino a una positiva integrazione di esperienze e di conoscenze.
Tutti questi passaggi, e gli sforzi che ne accompagnano la realizzazione, sono tesi a trasfigurare le persone e le relazioni, interpersonali e sociali. Il messaggio evangelico, se accolto e fatto proprio dalle diverse realtà umane, trasfigura, scardinando le strutture di peccato e di oppressione, facendo sì che l’umanesimo appreso da Cristo diventi concreto e vita delle persone, fino a raggiungere ogni luogo dell’umano, rendendoci compagni di viaggio e amici dei poveri e dei sofferenti. Abbiamo sentito le fatiche di questo processo, legate a un certo attivismo pastorale, all’insufficiente integrazione tra liturgia e vita, alla frammentarietà delle proposte. Sono condizioni che vanno considerate con attenzione, lasciandoci aiutare dalla richiesta di interiorità, di spiritualità e di accompagnamento, di cui ancora una volta proprio i più giovani sono i primi interpreti.

5. Per uno stile sinodale
È significativo pensare che il percorso del Convegno continua nell’imminente Anno Santo di quella Misericordia, che altro non è che il nome dell’amore che Dio ha per noi: amore nella forma della fedeltà assoluta, che genera in noi stabilità, sicurezza e fiducia in qualunque situazione ci troviamo. La misericordia è la via attraverso la quale l’amore del Signore si rivela e raggiunge il mondo ferito, avvolgendolo con tenerezza che consola e rigenerando – qual grembo materno – a nuova vita.
In fondo, è l’amore misericordioso che genera la Chiesa e che ci porta a camminare insieme. L’assunzione di uno stile sinodale – perché giunga ad avviare processi – richiede precisi atteggiamenti, che dicono anzitutto il nostro modo di porci di fronte al volto dell’altro, e indicano nella prospettiva della relazione e dell’incontro la strada di una continua umanizzazione.
Ancora: uno stile sinodale esige anche un metodo, all’insegna della concretezza, del confrontarsi insieme sulle questioni che animano le nostre comunità. Vive di cura per l’ascolto, di pazienza per l’attesa, di apertura per l’accoglienza di posizioni diverse, di disponibilità a lavorare insieme.
Infine, per dare concretezza al discernimento, uno stile sinodale deve sapersi dare obiettivi verso i quali tendere: di qui l’importanza di riprendere in mano l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium.
Con questo spirito facciamo ritorno alle nostre Chiese e ai nostri territori, senza la paura di guardare in faccia la realtà – anche le ombre -, ma con la lieta certezza di chi riconosce, anche nella complessità del nostro tempo, la presenza operosa dello Spirito Santo, la fedeltà di Dio al mondo.
Vorremmo, quindi, che questo nostro salutarci fosse come un abbraccio che dai Pastori si muove affettuoso e grato verso di voi, cari delegati: in voi vediamo il volto delle comunità cristiane disseminate nel nostro amato Paese. Grazie perché ci siete vicini e ci sostenete con la vostra preghiera e partecipazione.
Ma poi l’abbraccio si allarga, e da voi va incontro ai vostri Vescovi e sacerdoti, riconoscendo in noi il segno povero ma vero di Gesù buon Pastore. I nostri limiti vi sono noti, ma conoscete anche la sincerità dei nostri cuori, la dedizione sulle frontiere del quotidiano, il desiderio di servire il popolo cui Dio ci ha inviati. Noi siamo lieti del vostro abbraccio, e nei vostri volti leggiamo simpatia e fiducia, nelle vostre voci sentiamo incoraggiamento e sostegno. Anche noi – come tutti – ne abbiamo bisogno!
Infine, il nostro abbraccio – di Popolo e Pastori – si dilata, quasi a raggiungere e stringere la persona del Successore di Pietro: Francesco è il suo nome. A lui, la Chiesa italiana vuole riaffermare affettuosa vicinanza e operosa dedizione, rispondendo alla particolare attenzione, alla visibile stima, al paterno affetto con cui guida il nostro cammino.
Sì, che l’eco dei nostri cuori giunga fino al suo cuore di universale Pastore, e confermi – a Lui che conferma noi con il carisma di Pietro – ciò che i figli, con linguaggio semplice e diretto, dicono ai loro più cari: “Le vogliamo bene!”.