Nel pomeriggio di ieri 9 novembre, in una chiesa cattedrale affollata dai 2500 delegati provenienti da tutta Italia, Mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino e Presidente del Comitato preparatorio, ha tenuto la prolusione di apertura del 5° Convegno Ecclesiale nazionale di Firenze.
Era stato il Card. Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze e del Dott. Dario Nardella, Sindaco di Firenze, a porgere il saluto, rispettivamente, della Chiesa locale e della civica amministrazione.
Il Duomo di Firenze |
L'esperienza del ritrovarsi insieme ha permesso di incontrare non solo le tante periferie in cui c'è una umanità ferita, ma, di verificare la possibilità di "trasfigurare"e di "aprire alla speranza", di progettare un'umanità nuova.
Non siamo infatti qui per predisporre dei piani pastorali, né per scambiarci informazioni, neppure per partecipare a dotte conferenze o a un corso di aggiornamento: siamo qui per inaugurare uno stile. Lo stile sinodale - vissuto sia a livello di Comitato preparatorio al Convegno, sia nel cammino delle chiese locali - deve accompagnare il lavoro di questi giorni e sarebbe già un grande risultato se da Firenze la sinodalità divenisse lo stile di ogni comunità ecclesiale.
Nello scenario mondiale, ed italiano in particolare - ha aggiunto il presule - saremo aiutati a cogliere i processi sociali e culturali che agitano il nostro tempo; il necessario approfondimento del dato rivelato ci aiuterà a rifuggire dalla tentazione di trasformare la nostra fede in ideologia riscoprendo in Gesù di Nazareth quell’”umanesimo vero”, quell’”umanesimo sempre nuovo”, che deve ispirare la vita di ogni credente;
Il grido dell'umanità ferita che a noi giunge dalle tante "periferie esistenziali":la frontiera drammatica dell'immigrazione, la frontiera sempre più tragica delle povertà anche a causa della crisi economica e occupazionale, la frontiera delicata dell'emerge chiedono che cammino di fede e cammino ecclesiale diventino vie o almeno sentieri di umanizzazione non da declinare in prospettiva intellettuale, bensì esistenziale.
Per questo mi auguro che in questi giorni sappiamo mantenere quella nota caratteristica che è emersa nella fase di preparazione: lo sguardo amorevole sulla realtà e sugli uomini del nostro tempo.
Viviamo in un clima dominato dal «politicamente corretto», - ha affermato - cioè da un sistema che ha paura delle parole non tanto perché possono ferire ma perché rivelano le debolezze e l’inadeguatezza delle culture dominanti. E abbiamo bisogno, invece, di linguaggi che aiutino a compiere scelte libere e responsabili, e promuovere la capacità di pensare con la propria testa ed esercitare quel senso critico della ragione che non accetta passivamente di oscurare il bene, la verità e il bello, ma ne sostiene la ricerca incessante e il coraggio di andare “controcorrente”.
Abbiamo bisogno - afferma il Presidente del Comitato preparatorio - di laici donne e uomini, adulti nella fede partecipi dell'esperienza ecclesiale, nelle comunità, associazioni e movimenti, saldamente radicati e formati alla scuola del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa; laici capaci di proporre e tradurre nei vari campi del vissuto familiare,culturale,sociale e politico, il nuovo umanesimo in Gesù Cristo.
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