sabato 25 giugno 2016

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO: Commento di Don Piero De Santis


Come seguire il Signore Gesù, come camminare «sulle sue tracce» (cfr. l Pt 2,21)? Questa la domanda alla quale il vangelo odierno (Lc 9,51-62) risponde.
Il brano si apre con un'annotazione importante: «Gesù rese duro il suo volto per andare a Gerusalemme». Inizia qui la parte centrale del vangelo secondo Luca, quella in cui Gesù persegue il suo cammino verso la città santa con estrema risolutezza, raccogliendo tutte le sue forze per fare fronte alle difficoltà che lo attendono; egli sa infatti che «non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme» (Lc 13,33). E nonostante il suo desiderio di mostrare alla città santa la via della pace, prima della passione non gli resterà che il pianto su di essa, incapace di riconoscere chi la visi tava per portarle la vita (cfr. Lc 19,41-44).
Gesù invia avanti a sé alcuni messaggeri incaricati di annunciare il suo passaggio ma questi, giunti in un villaggio samaritano, vengono respinti a causa di un'antica rivalità religiosa tra i giudei e gli stessi samaritani (cfr. Gv 4,9). Non sempre Gesù è accolto con favore; quel che è certo, invece, è la sua volontà di non vendicarsi, di non reagire con la violenza allo sgarbo ricevuto. Ma questo non è l'atteggiamento spontaneo dei suoi discepoli che, rappresentati da Giacomo e Giovanni, gli impetuosi «figli del tuono» (Mc 3,17), vorrebbero far scendere un fuoco dal cielo su chi li ha respinti. Essi possono appellarsi a un precedente illustre: il profeta Elia aveva agito in questo modo contro i suoi avversari (cfr. 2Re 1,10.12). Non così Gesù, che non vuole opporre ostilità a ostilità: egli vive radicalmente quell'amore per il nemico che insegna (cfr. Lc 6,27-35), e così mostra a chi lo segue come non si debba mai cadere nella terribile logica della «reciprocità»... Il discepolo di Gesù Cristo è sempre e solo chiamato a fare il bene, anche nei confronti di chi lo osteggia!
Durante questo cammino verso Gerusalemme due «aspiranti discepoli» si propongono a Gesù, e un altro, chiamato da lui, gli pone delle condizioni preliminari. Atteggiamenti inadeguati alla sequela di Gesù, perché per intraprendere quel cammino ciò che conta è ascoltare la chiamata di Gesù, accoglierla e obbedirle, pronti ad andare con lui anche dove non vorremmo, senza ostacolare le esigenze che lui pone: così è avvenuto, pur in mezzo a infedeltà e cadute, a quanti han no seguito Gesù sulle strade della Galilea e della Giudea.
Il primo individuo si propone dicendo, pieno di zelo: «Ti seguirò dovunque tu vada». Ma Gesù sembra scoraggiarlo, insistendo sulla sua condizione itinerante, caratterizzata dalla precarietà propria di chi pone come metro ultimo del suo agire solo il regno di Dio: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». Nessuna presunzione di sé in chi vuole seguire Gesù! Al secondo è Gesù stesso che indirizza la sua chiamata, ma si sente rispondere: «Signore, permettimi di andare a seppellire prima mio padre». Gesù però non am mette dilazioni e replica con una parola paradossale: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu và e annuncia il regno di Dio». Ovvero, di fronte alla sua chiamata non c'è più tempo nemmeno per adempiere ai doveri di pietà famigliare (cfr. Es 20,12; Tb 4,3): bisogna dare il primato a Gesù, qui e ora. Vi è infine un terzo che dice a Gesù: «Ti seguirò, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa». Elia aveva concesso questo a Eliseo (cfr. 1 Re 19,19-21), ma Gesù afferma: «Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio». La vita cristiana è questione di risolutezza e di perseveranza: risolutezza come necessaria mobilitazione delle energie per scegliere e perseguire lo scopo, perseveranza come fedeltà quotidiana fino alla morte. Dobbiamo essere ogni giorno «dimentichi di ciò che sta dietro e protesi verso ciò che sta davanti» (cfr. Fil 3,13), Gesù Cristo, che sempre ci precede nel cammino verso il Regno.

Gesù ha esposto con franchezza le esigenze della sua sequela, valide per tutti i cristiani. Come rispondere alla chia mata che nasce dal suo amore per noi? Con l'amore: amando Gesù al di sopra di tutto, più di ogni altro nostro amore (cfr. Mt 10,37), e attraverso di lui gli altri, anche i nostri ne mici. Ma per fare questo occorre considerare il Signore Gesù come il tesoro prezioso della nostra vita (cfr. Mt 13,44) e ritenere che valga la pena vivere come lui ha vissuto. Del resto, lui lo ha detto chiaramente: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Lc 9,24).

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