Mentre Gesù e in cammino verso Gerusalemme giunge
nel villaggio di Betania, dove viene accolto da Marta e Maria (cfr. Gv 11,1
-44; 12,1-11), sorelle di Lazzaro, che sovente lo ospitavano nella loro casa,
offrendo il conforto dell'amicizia e un luogo di riposo al «Figlio dell'uomo
che non aveva una pietra su cui posare il capo» (cfr. Lc 9,58).
Marta invita Gesù a entrare e si mette a servirlo,
in un atteggiamento che pare esemplare: apparecchia la tavola, prepara il cibo,
dispone tutto per fare festa a quell'ospite che lei riconosce come Maestro e
Signore. Maria invece, quasi rapita dalla presenza di Gesù, fa un'altra cosa:
si siede ai suoi piedi e ascolta con tutta se stessa la sua parola. Questo è
fare attenzione all'ospite che si riceve e ascoltare ciò che e venuto a dirci.
Sono due diverse modalità di accoglienza del Signore, ugualmente premurose. Ma
ecco che il generoso attivismo di Marta e il suo essere «trascinata qua e là»
dai molti servizi la porta ad accusare sua sorella: «Signore, non ti curi che
mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille che mi aiuti!». Di fronte a
tale richiesta Gesù compie un lucido discernimento ed emette un giudizio netto,
fornendo un insegnamento fondamentale ai suoi discepoli di ogni tempo: «Marta,
Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola e la cosa di cui
c'è bisogno. Maria si e scelta la porzione buona (non "migliore"!),
che non le sarà tolta».
Qual è il significato di queste parole? Occorre
innanzitutto chiarire che Gesù non sta contrapponendo «vita attiva» e «vita
contemplativa», come se pregare fosse «meglio» che servire concretamente i
fratelli, anche se purtroppo fin dall'antichità si è data spesso alle sue
parole questa interpretazione riduttiva. D'altronde Gesù amava la comunione
della tavola e gradiva la sollecitudine di chi si adoperava per rendere la
tavola stessa un luogo in cui mangiare insieme nella gioia e nel dialogo
fraterno. Ospitare non è solo «fare cose» per chi ci visita, ma anche dargli
del proprio tempo, fare di sè uno spazio per l'altro attraverso l'ascolto.
Ecco perché Gesù distingue tra «le molte cose» per
le quali Marta si preoccupa e «l'unica cosa necessaria», la «buona porzione»
scelta da Maria. Marta è affannata, è in balia della preoccupazione; più volte Gesù
ha messo in guardia i suoi discepoli dal cadere preda di questa «malattia»
tanto sottile quanto pericolosa: «Non preoccupatevi del domani, ma cercate
prima il regno di Dio» (cfr. Lc 12,22-31); «State bene attenti che i vostri
cuori non siano appesantiti dalle preoccupazioni» (cfr. Lc 21,34). Per noi
cristiani uno dovrebbe essere il desiderio essenziale, non quei tanti desideri
per i quali siamo tentati di affannarci: l'ascolto assiduo del Signore, cioè il
lasciare che Cristo sia il Signore della nostra vita, che sia lui, con la sua
parola e le sue azioni, a orientare la nostra esistenza; lui del quale il Padre
ha proclamato: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!» (Lc 9,35).
Non basta servire, occorre diventare servi, e Maria,
stando ai piedi di Gesù per ascoltare la sua parola, e come la serva del Signore
attenta alla sua voce.
Non dimentichiamo che anche oggi nella chiesa il
«fare servizi» può diventare una militanza che fa rumore, che si agita, che
giudica gli altri che si comportano diversamente, che si chiude all'ascolto
fino a distaccarsene per percorrere i propri cammini, fino a perdere lo stile
evangelico.
Sì, Marta e Maria abitano in noi in modo quasi
inseparabile. Spesso è Marta che prevale, che si affaccia per prima,
spingendoci a correre incontro a Gesù - e agli altri, in cui egli è presente
(cfr. Mt 25,31-46) -, ad accoglierlo anche festosamente, ma ponendo in primo
piano il nostro attivismo, senza metterci realmente al suo servizio. Maria
invece sonnecchia nelle nostre profondità: per lasciarla emergere occorre
morire al proprio egoismo e risorgere nell'atteggiamento di chi si pone ai
piedi di Gesù per ascoltare con un cuore unificato la sua parola. Solo cosi
potremo fare ogni cosa bene e saremo beati, secondo la promessa di Gesù: «Beati
coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 11,28). Non
dimentichiamo dunque l'invito del Signore: «Ecco, io sto alla porta e busso. Se
qualcuno ascolta la mia voce e mi apre, io verro da lui, cenerò con lui ed egli
con me» (Ap 3,20).
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