Il
brano evangelico odierno (Lc 10,1-12.17-20) ci presenta le
esigenze della missione cristiana: come noi cristiani possiamo
annunciare a tutti gli uomini la buona notizia che in Gesù Cristo il
regno di Dio si e fatto vicinissimo?
Nel
vangelo secondo Luca non ci viene descritto solo l'invio dei Dodici
apostoli a Israele (cfr. Lc 9,1-6): durante la salita verso
Gerusalemme Gesù, dopo aver annunciato le esigenze della vocazione a
due persone che gli chiedono di seguirlo e a un terzo che egli stesso
chiama (cfr. Lc 9,57-62), «designa altri settantadue discepoli e li
invia a due a due avanti a se in ogni città dove sta per recarsi».
Viene così prefigurata alle genti, ai settantadue popoli della terra
conosciuti dalla tradizione giudaica (cfr. Gen 10), la missione che
giungerà fino ai confini della terra dopo la morte e resurrezione di
Gesù (cfr. Lc 24,47).
«La
messe e molta, ma gli operai sono pochi»: questi pochi sono i
Dodici, sono i settantadue, sono le comunità in minoranza in seno al
giudaismo e al mondo pagano; e «il piccolo gregge» (Lc 12,32), nome
coniato da Gesù per la sua chiesa di ogni tempo. Eppure la
sproporzione tra l'ingente messe e la scarsità di operai può essere
colmata dalla preghiera perché il Signore della messe invii operai:
al momento dell'invio dei discepoli il primo comando e la preghiera.
Del resto, non c'e missione che non sia preceduta da una supplica a
Dio; non c'e evangelizzazione senza domanda che «Dio apra la porta
della predicazione e così possiamo annunciare il mistero di Cristo»
(Col 4,3). Del resto, non aveva lo stesso Gesù dato l'esempio,
pregando prima di chiamare i Dodici ?
Ora
Gesù invia quei pochi discepoli non da soli ma a coppie perché la
loro comunione fraterna e già annuncio del Regno: il Vangelo che
trova nell'amore il suo centro e testimoniato da persone che si
sostengono e si correggono a vicenda. Essi sono mandati «come
agnelli in mezzo a lupi» ad annunciare il Regno e la sua pace: sono
inermi, dotati solo della capacita conferita loro da Gesù di
sottrarre terreno all'azione di Satana, attraverso parole e azioni
che attingono la loro efficacia dalla potenza del Signore (cfr. Lc
9,1). Come già nel primo invio, Gesù delinea alcune caratteristiche
che qualificano la missione e che si possono riassumere nella
radicalità necessaria per testimoniare il Vangelo. L'aspetto
dell'inviato deve essere segno che quanto egli annuncia lo vive in
prima persona: tutto deve mostrare la povertà e il senso di urgenza
che pervadono la missione, perché lo stile di colui che annuncia il
Vangelo e costitutivo dell'annuncio stesso! Povertà e precarietà
non sono di ostacolo all'efficacia della missione, ma sono le
condizioni da vivere in profondità affinché la missione sia reale:
non basta avere pochi mezzi, occorre essere poveri; non basta
annunciare la pace, occorre essere operatori di pace. E se
Cristo è venuto a portare la pace a tutti gli uomini (cfr. Ef 2,17),
anche a chi non lo ha accolto, altrettanto dovranno fare i suoi
discepoli, senza invocare una vendetta dal cielo su chi li respinge
(cfr. Lc 9,54).
E
a questi inviati, poveri e pacifici, che Gesù dice: «Chi ascolta
voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me». Ecco la grande
responsabilità dei cristiani: come Gesù con la sua vita ha narrato
il Padre (cfr. Gv 1,18), ora tocca a noi narrare lui, essere i suoi
testimoni nel mondo (cfr. Lc 24,48). Davvero la missione cristiana
altro non è che la manifestazione della sequela di Cristo da
parte di chi accoglie la sua chiamata e lo ama con tutto se stesso.
Chi si affida radicalmente a lui sperimenta la sua protezione e
ascolta la sua voce che lo rassicura: «Nulla potrà farvi del
male»... Anche di fronte al successo della missione, al constatare
che «i demoni si sottomettono a lui nel Nome di Cristo», il
cristiano riconoscerà che ciò e dovuto essenzialmente
all'intercessione di Cristo stesso: «Io vi ho dato il potere di
sconfiggere il nemico». E così vivrà la sua parola: «Non
rallegratevi perché i demoni si sottomettono a voi, ma piuttosto
perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
Si,
la nostra gioia consiste nella protezione del Signore, nel fatto che
egli, dopo averci chiamati, non deluderà le nostra attese, ma
attraverso di noi diffonderà sulla terra il suo Vangelo: ci e
chiesto solo di seguire Gesù Cristo dovunque lui vada (cfr. Ap
14,4), sapendo che possiamo annunciarlo agli altri uomini solo se
egli vive in noi.
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