Nella festa
dell’Epifania del Signore la chiesa celebrava insieme la
manifestazione di Gesù ai Magi, cioè alle genti, la manifestazione
di Gesù al popolo di Israele avvenuta nel Battesimo e la
manifestazione di Gesù ai suoi discepoli avvenuta a Cana.
Quest’anno la liturgia ci fa contemplare questi tre misteri
nell’Epifania e nelle due domeniche successive: per questo, prima
di iniziare di iniziare la lettura del vangelo di Luca, in questa
domenica sostiamo su una pagina del quarto vangelo, “l’inizio dei
segni compiuti da Gesù” nell’episodio svoltosi a Cana di Galilea
(Gv 2, 1-11).
Secondo
l’evangelista Giovanni, l’attività pubblica di Gesù incomincia
con un “segno”, un’azione che, a una lettura superficiale, può
apparire strana. A Cana, oscura borgata della Galilea, è in corso
una festa di nozze – che secondo l’usanza del tempo dura più
giorni – alla quale è presente la madre di Gesù. Più tardi vi
giunge anche Gesù con i suoi discepoli. Ma chi sono gli sposi?
Perche di loro non si dice nulla? Perché non intervengono? Questo
strano silenzio è per noi un invito a comprendere in profondità il
racconto.
Ebbene, nel
corso di questo matrimonio viene a mancare il vino, e ciò minaccia
la gioia conviviale. La madre di Gesù si rivolge dunque a lui
dicendogli: “Non hanno più vino”. Essa non chiede nulla, non
impone al figlio ciò che egli deve fare; gli espone semplicemente la
situazione, rispettando pienamente al sua libertà e rimettendosi
alla sua iniziativa. Gesù reagisce in modo duro, sembra addirittura
non riconoscere il legame di sangue presente tra sé e sua madre. La
chiama”donna”, come se fosse per lui una sconosciuta, e prende da
essa le distanze affermando: “Che c’è fra me e te?”. Ma queste
parole acquistano un significato diverso per chi ricorda che, al
momento di intraprendere la sua missione, Gesù aveva lasciato la
casa e la madre, formando con i suoi discepoli una nuova famiglia.
Poi Gesù
aggiunge: “Non è ancora giunta la mia ora”, parola enigmatica,
anticipazione di un altro tempo che verrà, della sua “ora”:
quella in cui attraverso la sua morte e risurrezione saranno
celebrate le nozze definitive tra Gesù, lo Sposo, e l’umanità
intera….Dal giorno delle nozze di Cana Gesù incomincia ad andare
verso tale ora, e dà inizio al suo cammino con un preciso segno.
Sua madre
dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”, mostrandosi totalmente
obbediente al Figlio e chiedendo che la sua parola sia ascoltata e
realizzata: e subito l’acqua presente in alcune anfore per un
rituale di purificazione si muta in vino abbondante. E allora è
possibile la festa piena, l’inizio del tempo del fidanzamento tra
Gesù e la sua comunità, la sua sposa, profezia delle sue nozze con
tutta l’umanità….Per questo l’evangelista commenta che con
quel suo primo segno “Gesù manifestò la sua gloria e i suoi
discepoli credettero in lui”: le vere nozze qui celebrate sono
quelle tra Cristo e la sua chiesa, attraverso il vino abbondante del
regno di Dio, delle nozze messianiche. Non a caso, subito dopo questo
evento Giovanni Battista potrà definirsi “l’amico dello
Sposo”ormai venuto; anzi, ascoltando la voce dello Sposo che parla
alla sposa, cioè alla comunità dei discepoli ormai passati dallo
stesso Giovanni a Gesù, egli trasalirà di gioia inesprimibile.
Gesù è lo
Sposo messianico, venuto a celebrare le nozze con la sua comunità,
con quelli che, aderendo a lui con tutta la loro vita, cercano di
essere la sposa che Dio da sempre cerca e ama: ma noi cristiani
abbiamo ancora la consapevolezza di essere la comunità-sposa di Gesù
Cristo? Comprendiamo ancora che ogni domenica, nella liturgia
eucaristica, siamo invitati a celebrare la nostra alleanza eterna con
il Signore, comunicando al vino buono e abbondante del Regno, in
attesa della sua venuta nella gloria?
Don Piero De Santis
Don Piero De Santis
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