Ogni
anno la IV Domenica di Pasqua è dedicata alla figura del Bel Pastore
e nel contempo si parla anche delle sua pecore.
Nel
brano evangelico Gesù si definisce anche “porta dell'ovile”, che
è la porta della Speranza, capace di donare all'uomo in bene
assoluto, la salvezza.
Se
Gesù si definisce “Bel Pastore” vuol dire che le sue pecore
devono attuare e concretizzare tre verbi molto importanti se si vuole
appartenere al suo gregge: ascoltare la voce, percepire di essere
amato e, infine, seguirlo.
Quest'esperienza
il cristiano la vive in ogni celebrazione eucaristica; rinnova la sua
sequela sostenuto dl pane di vita eterna.
Per
questa Domenica abbiamo scelto una preghiera composta da un grande
teologo, apologeta, scrittore cristiano del II secolo e Padre della
Chiesa: San Clemente Alessandrino.
I
principali suoi scritti sono: il Protreptico, il Pedagogo, da cui
abbiamo tratto questa preghiera, gli Stromata, tre libri che messi
insieme formano un trittico e costituiscono il primo trattato di
teologia cristiana.
Insegnò
per moltissimi anni in Alessandria ed ebbe tra i suoi discepoli
Origene e Alessandro: questi divenne Vescovo di Gerusalemme, ove aprì
una scuola e fondò un'importante biblioteca.
Fu
dunque uomo di vasta cultura e dottrina, ma anche di grande serietà
e di integerrimi costumi.
""" Noi
che siamo ammalati, abbiamo bisogno del Salva-smarriti, abbiamo
bisogno della sua guida; ciechi, fili lui che ci porti alla luce;
assetati, abbiamo bisogno della
fonte di vita, dalla quale chi beve non ha più
sete; «orti, abbiamo bisogno della vita; pecore, del pastore;
Bambini, del pedagogo; insomma,
tutta la nostra natura umana
ha bisogno di Gesù. Se si vuole, si può apprendere
la somma sapienza che c'insegna il santissimo pastore
e maestro, l'onnipotente Verbo del Padre, quando servendosi
dell'allegoria si proclama pastore delle pecore
(…) Sì o
Signore, nutrici con i pascoli della tua
giustizia. O maestro, pasci le tue pecore sul tuo santo
monte: la Chiesa, che sta in alto, supera
le nubi, tocca i cieli.
Egli
vuol
salvare la mia carne rivestendomi della tunica
dell'incorruzione,
perciò ha consacrato il mio
corpo.
Non cadremo nella corruzione, perché siamo riportati
all'incorruzione da lui
stesso che ci tiene per mano, mostra così di essere lui solo il buon
pastore. Generoso
e magnifico è colui che giunge al punto di dare la sua
vita per noi. Veramente a
servizio degli uomini e pieno
di bontà, egli che, potendo
essere il Signore dell'uomo
volle essere suo fratello.
Buono fino al punto di morire per noi. """
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