L'AMORE,
EPIFANIA DEL SIGNORE E DISTINTIVO DEI CREDENTI
Torniamo
nel Cenacolo in questa quinta domenica di Pasqua e accompagniamo i
discepoli nel ricordo di quell'ultima
cena con Gesù
nell'imminenza della sua passione.
Alla
luce della Pasqua essi setacciano ogni parola, ogni silenzio, ogni
gesto di quella sera per capire come il Maestro sia andato
liberamente incontro alla morte con amore. «Figlioli,
ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi
amiate gli uni gli altri». Ora si rammaricano: come hanno potuto non
capire? Perché non hanno vissuto appieno quegli ultimi istanti
centellinando quel dolce indugiare intorno alla mensa? L'amara verità
è che noi uomini ci ricordiamo della ricchezza solo dopo averla
perduta. La felicità è sempre solo nel ricordo, ma, quando ci
impatta, spesso non la riconosciamo.
Perché
nelle parole di Gesù l'imminenza
della fine è
legata alla consegna del comandamento dell'amore? È solo la consegna
del capo che affida ai discepoli le modalità con cui dovranno stare
insieme dopo la sua partenza? È solo il "monito vano" del
genitore che si rivolge
ai figli prima di morire? Credo che si tratti di molto di più. Qui
Gesù
affida ai discepoli una via di incontro con con
lui dopo la sua
morte
e risurrezione: nell'amore che essi avranno gli uni per gli altri ci
sarà possibilità di incontrarlo, di sentirlo presente, di
continuare, in modo diverso, la comunione con lui.
È
come se Gesù dicesse: «Sto per andarmene, non mi vedrete più, ma
diamoci appuntamento nell'amore! Se vorrete incontrarmi d'ora
in poi, gettate ponti d'amore tra di voi e là io sarò presente con
voi!». Non si tratta di un vincolo d'amore naturale o di semplice
amicizia, ma di ricalcare nella nostra povera vita la caratura del
suo amore per noi: «Come io vi ho amati, così amatevi gli uni gli
altri». In questo senso si tratta di un «comandamento nuovo».
Già
nell'Antico Testamento ci sono precetti di accoglienza dell'altro, di
ospitalità per lo
straniero, di perdono da dare, ma qui la misura è superata dalla
modalità di Gesù, dal suo modo d'amare dando la vita per i suoi
persecutori, di invocare il perdono per coloro
che si impegnano ad aumentare le sue sofferenze sotto la croce. Nel
nuovo comandamento c'è tutto il marchio doc dell'amore di Cristo,
che rivive nella vita dei discepoli e rende presente il Maestro
tornato dai morti. Tutta la storia della Chiesa, dalle origini ai
nostri giorni, è un pullulare di gesti di amore che si possono
capire solo nella scia del Maestro, che dice «Fate questo in memoria
di me» non solo sul pane e sul vino ma su tutta la sua vita, che va
riedita nei giorni e nelle opere dei discepoli.
L'amore
diventa epifania del Signore, Vangelo che rinasce ed è raccontato in
tutti gli angoli della terra, luogo teologico, ma anche segno di
appartenenza, distintivo del credente: «Da questo tutti sapranno che
siete miei discepoli». Non in un abito o in uno stendardo, non in
articoli di fede e in formule da recitare a memoria, i discepoli doc
saranno riconosciuti solo dal marchio del suo amore.
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