Nelle
letture della solennità dell'Ascensione noi ascoltiamo per due volte
il racconto dell'esodo di Gesù da questo mondo al Padre fatto da
Luca, negli Atti degli apostoli (At 1,1-11) e nel vangelo.
In
verità negli altri vangeli non si parla di questo «fatto», perché
esso è già contenuto nell'evento della resurrezione di Gesù, nel
suo esodo dalla morte alla vita eterna, dalla tomba al regno di Dio.
L'ascensione di Gesù, questo «staccarsi dai discepoli», questo
«essere portato» dalla potenza di Dio verso il cielo, questo
«essere sottratto allo sguardo degli apostoli» (cfr. At 1,9), è
infatti un nuovo racconto dell'evento della resurrezione, come lo
sono le diverse apparizioni-manifestazioni di Gesù alle donne
discepole e ai Dodici: sì, noi stiamo sempre celebrando la Pasqua,
che è vittoria di Gesù sulla morte, che è vita nuova ed eterna di
Gesù, che è glorificazione di Gesù, che è l'entrare di Gesù, per
la forza dello Spirito santo, nella vita divina del Padre.
Se
i vari testi evangelici che parlano della resurrezione di Gesù ci
rivelano il significato di questo evento da diverse prospettive, i
brani della liturgia odierna mettono in evidenza che assunzione» di
Gesù al cielo significa anche «separazione» dai suoi, «assenza»
da questa terra: egli non può più essere visto né nella carne né
nella sua forma gloriosa. Tale distacco prelude però a una nuova
forma di presenza da parte di Gesù presso la sua comunità, così
che i credenti in lui non restano soli, «orfani» (Gv 14,18): per
questo nel salire al cielo Gesù benedice i discepoli. All'inizio del
vangelo secondo Luca la benedizione di Dio che doveva essere
impartita dal sacerdote Zaccaria all'uscita dal santuario era stata,
per così dire, sospesa (cfr. Lc 1,21-22); ma ora ecco che Gesù la
riprende e la porta a compimento: è la benedizione promessa e data
ad Abramo, riconfermata a Israele, e ora il Gesù glorioso la dona
alla chiesa perché essa la porti «fino agli estremi confini del
mondo» (At 1,8), e così siano benedette tutte le genti della terra
(cfr. Gen 12,3; 18,18; ecc.).
Nell’ascendere
al Padre Gesù promette anche lo Spirito santo, che con la sua forza
renderà i credenti in lui testimoni, cioè persone capaci di
raccontare Gesù stesso che è venuto nel mondo come uomo ed è
passato tra gli uomini facendo del bene (cfr. At 10,38), persone
capaci di attenderlo come colui che verrà nella gloria. Infatti,
allo stesso modo con cui i discepoli hanno visto Gesù salire al
cielo, lo vedranno quando nell'ultimo giorno tornerà nella gloria!
Insomma, mentre finisce la forma di una storia, inizia «un'altra
forma» (Mc 16,12) della stessa storia: nell'una e nell’altra Gesù
è il racconto definitivo di Dio fatto a noi uomini, è il volto del
Dio vivente (cfr. Gv 1,18).
Anche
a noi, qui e ora, è riservata la domanda degli angeli: «Perché
state a guardare il cielo?» (At 1,11). Si faccia attenzione: questo
non è un invito a guardare solo le cose della terra, ma un monito a
non cercare più quella presenza fisica di Gesù di cui i discepoli
hanno fatto esperienza nella storia. No, Gesù non va cercato presso
la tomba vuota, né alzando gli occhi verso l'alto per carpire
un'apparizione: egli va ormai cercato nella comunità cristiana,
nell'eucaristia, nelle donne e negli uomini che, in condizione di
ultimi, attendono da noi «il servizio del fratello» in cui Gesù ha
voluto rendersi presente (cfr. Mt 25,31-46). È così che possiamo
vivere il nostro compito di cristiani: portare la benedizione,
«cominciando da Gerusalemme e fino ai confini del mondo»,
annunciando la conversione e la remissione dei peccati, e tutto
questo nella potenza dello Spirito santo.
Come
i Dodici dopo l'ascensione di Gesù erano pieni di gioia, anche noi
oggi dobbiamo essere in questa festa, per comprendere in profondità
ciò che Gesù ha affermato nel quarto vangelo: «E bene per voi che
io me ne vada, perché così non solo sarò sempre con voi, ma lo
sarò in modo ancor più pieno: il mio respiro, lo Spirito santo,
sarà il vostro respiro, perché io ve lo invierò come dono che vi
accompagni sempre» (cfr. Gv 14,16; 16,7)!
Don Piero De Santis
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