Siamo
sempre in ascolto dei «discorsi di addio» contenuti nel quarto
vangelo (cfr. Gv 13,31 - 16,33), quelli pronunciati da Gesù alla
fine della sua ultima cena con i discepoli, prima di essere arrestato
sul monte degli Ulivi.
Dopo
aver consegnato il comandamento nuovo (cfr. Gv 13,34), Gesù ha
annunciato il suo esodo da questo mondo al Padre, ma ciò suscita
domande tra i discepoli: Pietro, Tommaso, Filippo e infine Giuda,
«non l'Iscariota», gli chiedono di spiegare meglio le sue parole
(cfr. Gv 13,36-14,22). In particolare, la domanda di Giuda è quella
che abita anche i nostri cuori di credenti: «Signore, perché tu ti
manifesti a noi credenti e non ti manifesti pubblicamente al mondo, a
tutti gli uomini?». Anche se abbiamo fede in Gesù, restiamo
incapaci di assumere le conseguenze del nostro credere, del nostro
aderire a lui, e così ci chiediamo: perché egli non ha compiuto
segni, prodigi, azioni straordinarie, in modo da convincere tutti gli
uomini? Perché ha scelto l'umiltà, la piccolezza, uno stile di
voluto nascondimento? Perché non ha cercato il consenso, servendosi
dei mezzi a lui disponibili per ottenere successo? Questa ottica è
la stessa dei fratelli di Gesù, i quali lo avevano invitato a
manifestarsi al mondo, in modo da costringere gli uomini a credere in
lui mediante l'e videnza dello straordinario (cfr. Gv 7,4).
Ma
Gesù delude chi ragiona in questi termini, e ribadisce che ciò che
conta non è l'ampiezza del consenso, non è la quantità dei
«conquistati»; no, l'importante è che vi sia un rapporto personale
d'amore nei confronti di Gesù, non l'ammirazione che si può nutrire
per un taumaturgo, per un ope ratore di miracoli: «Se uno mi ama,
osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a
lui e prenderemo dimora in lui». Tutto avviene in modo invisibile
eppure reale, concreto, sperimentabile. Ciò che è decisivo è il
rapporto di conoscenza e di amore tra il credente divenuto discepolo
e Gesù, «il Signore e il Maestro» (Gv 13,14): in questo modo il
credente diviene addirittura dimora di Gesù e del Padre! Sì, la
vita cristiana è «vita nascosta con Cristo in Dio» (Col 3,3):
tutto ciò è straordinario, ma non visibile agli occhi del mondo; è
decisivo per la vita e la salvezza, ma non verificabile da parte
degli altri; è verissimo, anzi sperimentabile al la luce della fede,
ma non accertabile alla luce della visione (cfr. 2Cor5,7).
Gesù
se ne va e certamente un giorno tornerà nella gloria, alla fine
della storia; allora la sua venuta si imporrà a tutti gli uomini e a
tutta la creazione. Ma nel frattempo che intercorre tra la sua
morte-resurrezione e la sua venuta finale, Gesù viene
quotidianamente nel cuore del credente che ama, che compie il
comandamento nuovo. E affinché questo avvenga, durante la sua
assenza fisica dovuta al suo dimorare presso il Padre, vi è da parte
del Padre stesso un grande dono: lo Spirito Santo, colui che ha
funzione di Consolatore, di difensore, di «chiamato accanto» al
credente. Lo Spirito ricorda tutto ciò che Gesù ha detto e fatto,
rendendolo presente nella sua comunità e svolgendo la funzione di
«Maestro interiore» - come lo chiama sant'Agostino - capace di
illuminare e guidare la vita di ogni cristiano. Nel corso della vita
terrena di Gesù, i discepoli avevano il suo insegnamento di retto,
ma spesso non lo capivano perché il loro cuore non era in grado di
accogliere le sue parole. Ma quando lo Spirito sarà presente nel
cuore dei discepoli, allora scomparirà «il cuore indurito» (cfr.
Mc 16,14), perché il Maestro interiore renderà «il cuore capace di
ascolto» (1Re 3,9), renderà il cri stiano capace di realizzare le
parole di Gesù.
Insomma,
il cristiano non è mai solo, ma grazie allo Spirito santo è dimora,
casa, tempio della Presenza di Dio (cfr. 1Cor 3,16; 6,19). Di più,
lo Spirito che rende possibile questa inabitazione del Padre e del
Figlio nel cuore del credente, è lo stesso che ci rende consapevoli
del dono lasciatoci da Gesù: «la sua pace», cioè la vita piena da
lui vissuta, la vera vita. E così quella che era la pace di Gesù è
ora divenuta la nostra pace.
Don Piero De Santis
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