La
chiesa celebra il mistero della Santissima Trinità, proponendo alla
nostra contemplazione una pagina tratta dai «discorsi di addio» di
Gesù nel quarto vangelo (Giovanni 16,12-15). In essa ascoltiamo la
rivelazione della comunione di vita e di amore che intercorre tra il
Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: una comu nione che non si
esaurisce all'interno di Dio, ma che si apre a noi uomini, chiamati
ad accogliere tale amore per viverlo a nostra volta.
Per
comprendere meglio il senso di questi versetti, occorre leggerli nel
contesto dell'intero vangelo secondo Giovanni. Fin dal prologo si
dice che, nel suo desiderio di comunicare con gli uomini, Dio si è
rivelato definitivamente nel Figlio Gesù Cristo, Parola fatta carne
nella potenza dello Spirito, il Soffio divino (cfr. Gv 1,14). Nella
storia umana, sulla terra, questa volontà di Dio si è manifestata
pubblicamente al momento del battesimo di Gesù, secondo la
testimonianza di Giovanni il Battezzatore: «Ho contemplato lo
Spirito discendere come una colomba dal cielo e dimorare su di lui»
(Gv 1,32). Davvero lo Spirito è la potenza di Dio che ha dimorato in
pienezza in Gesù, è l'amore del Padre per lui: quell'amore che lo
rendeva capace di passare in mezzo agli uomini facendo il bene e, in
tal modo, di narrare il volto del Dio invisibile.
Gesù,
uomo come noi, lungo tutta la sua esistenza ha vissuto, nella fede,
un rapporto di particolare intimità con il Padre; ha fatto
un'esperienza così intensa della comunione con Dio che l'evangelista
è giunto a scrivere di lui: «Colui che Dio ha mandato dice le
parole di Dio e dà lo Spirito senza misura. Il Padre ama il Figlio e
gli ha dato in mano ogni cosa» (Gv 3,34-35). Grazie a questa
relazione consapevole con Dio, Gesù stesso ha potuto affermare che,
dopo la sua vita, non è più in un luogo particolare o in una città
santa che Dio va adorato; no, «i veri adoratori adoreranno il Padre
in Spirito e Verità» (Gv 4,23), cioè nella forza dello Spirito
santo e attraverso Gesù Cristo, lui che è la Verità fatta persona!
E così Gesù ha aperto una volta per tutte il cammino che noi
cristiani siamo chiamati a percorrere per rendere culto a Dio: si
tratta semplicemente di vivere come lui, il Figlio amato del Padre,
ha vissuto...
Nei
suoi discorsi di addio, poi, Gesù ha promesso più volte ai
discepoli che, quando egli non sarebbe più stato fisicamente con
loro, lo Spirito santo lo avrebbe reso presente: «Il Consolatore, lo
Spirito santo che il Padre manderà nel mio nome, v'insegnerà ogni
cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26). E
nel brano odierno aggiunge un elemento decisivo. I discepoli non sono
in grado di portare il peso delle parole che Gesù avrebbe ancora da
dire, il mistero totale della sua persona, ma resta un «non detto»;
ed è proprio per venire in aiuto alla loro e nostra debolezza che
egli promette: «Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà
alla verità tutta intera, perché non parlerà da se stesso, ma dirà
tutto ciò che avrà udito». Lo Spirito farà questo senza
discostarsi dal messaggio di Gesù Cristo, ma ascoltando e
comunicando l'intera sua vicenda: dalla sua preesistenza presso il
Padre alla sua venuta nella gloria, passando per la sua vita terrena,
morte e resurrezione. Del resto, è stato proprio lui, il
Crocifisso-Risorto a effondere lo Spirito sui suoi discepoli (cfr. Gv
19,30; 20,22); e poi, come scrive san Basi lio, «lo Spirito santo è
il compagno inseparabile del Figlio».
Infine
Gesù afferma: «Lo Spirito mi glorificherà, perché prenderà del
mio e ve l'annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per
questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annuncerà». Ecco in
una mirabile sintesi la comunione di vita tra Padre, Figlio e Spirito
santo! Nello stesso tempo queste parole sono un chiaro invito,
rivolto a noi credenti, ad accogliere tale mistero nella nostra vita,
ossia ad accogliere quello che Padre, Figlio e Spirito santo vivono
tra loro: l'a more. Come dunque possiamo rendere gloria a Dio?
Invocando dal Padre il dono dello Spirito, certi di essere esauditi
in questa preghiera (cfr. Lc 11,13), affinché ci ispiri a vivere
l'amore, perché «Dio è amore» (l Gv 4,8.16). E questo amore che
noi siamo chiamati ad accogliere ed esercitare per vivere la vita
cristiana; ovvero, per fare della nostra vita un'opera d'arte, un
capolavoro umano
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