domenica 25 settembre 2016

VERBO DI DIO: Liturgia della Parola di Domenica 25 settembre, 26^ del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA (Am 6,1.4-7)
Ora cesserà l’orgia dei dissoluti.
Dal libro del profeta Amos
Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria!
Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla.
Canterellano al suono dell’arpa, come Davide improvvisano su strumenti musicali;
bevono il vino in larghe coppe e si ungono con gli unguenti più raffinati, ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano.
Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l’orgia dei dissoluti.

Parola di Dio




SECONDA LETTURA (1Tm 6,11-16) 
Conserva il comandamento fino alla manifestazione del Signore. 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.
Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio, il beato e unico Sovrano, il Re dei re e Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità
e abita una luce inaccessibile: nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo.
A lui onore e potenza per sempre. Amen.

Parola di Dio




VANGELO (Lc 16,19-31) 
Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 


Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: 
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Parola del Signore

GRADINI DI SANTITA': L’ATTENZIONE AL POVERO VERIFICA LA NOSTRA FEDE

Oggi si parla poco del Paradiso e dell’Inferno. È uno sbaglio. Gesù invece ci ricorda con vigore che la nostra esistenza si concluderà o con un premio o con una condanna. La parabola del ricco e del povero Lazzaro ci illustra l’importanza di questa verità.
Il giudizio di Dio non è come quello del mondo. Egli stravolge la nostra mentalità e ribalta le sentenze terrene. Il ricco non può comprarsi il Paradiso se non si converte, mentre il povero Lazzaro è difeso da Dio stesso. Egli è il Padre dei più deboli, degli abbandonati, di quanti la società emargina.
Questo significa che la ricchezza non è un segno della benedizione di Dio se non viene usata nell’ottica del suo Regno. Anzi, può diventare causa di rovina del futuro eterno. 
Gesù con questa parabola (Vangelo) vuole mettere in evidenza anche la cecità del ricco di fronte ai bisogni di Lazzaro: semplicemente, lo ignora, non lo vede, non si accorge neppure che sta sulla sua porta. Quel povero muore nell’indifferenza e il ricco nella sua cecità. È questo il rischio della ricchezza: diventare indifferenti nei confronti di chi soffre ed è nel bisogno.

È questo il senso dell’invito dell’apostolo Paolo a Timoteo, nella seconda Lettura, a fuggire dalle cose del mondo e rivolgere lo sguardo all’eternità. Anche il profeta Amos nella prima Lettura condanna l’opulenza e l’indifferenza verso i poveri e i bisognosi. 

Nicola GoriLA DOMENICA

domenica 18 settembre 2016

VERBO DI DIO: Liturgia della Parole di Domenica 18 settembre, XXV del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA
(Am 8,4-7)


Contro coloro che comprano con denaro gli indigenti.


Dal libro del profeta Amos


Il Signore mi disse:
«Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese,
voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo l’efa e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano”».
Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: «Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».

Parola di Dio





SECONDA LETTURA
(1Tm 2,1-8) 



Si facciano preghiere per tutti gli uomini a Dio il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati. 


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo


Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. 
Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.
Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.

Parola di Dio





VANGELO
(Lc 16,1-13) 

Non potete servire Dio e la ricchezza. 



Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: 
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Parola del Signore.

GRADINI DI SANTITA': LIBERACI, SIGNORE, DALLA AVIDITÀ DELLE RICCHEZZE

La parabola evangelica non ci presenta come modello l’amministratore infedele, ma la sua rapidità nel decidere. Anche noi siamo chiamati a scegliere tra Dio e il denaro. I beni che possediamo non vanno idolatrati, al punto che prendano il posto di Dio, dei genitori, degli sposi, dei figli…



Gesù ancora una volta sconvolge la mentalità del mondo. Nel brano del Vangelo odierno di Luca, egli insegna ai suoi discepoli come usare il denaro e le ricchezze: con accortezza e guardando non a un orizzonte temporale definito, ma all'eternità, al Regno. Parla di un amministratore disonesto che ha saputo utilizzare le ricchezze per farsi degli amici e prepararsi un futuro migliore. Gesù non lo giustifica per aver falsificato i conti, ma ne sottolinea la scaltrezza nel gestire la ricchezza. Da qui l’insegnamento per noi: Gesù invita a ritenere il denaro un mezzo e non un fine. Infatti, il cristiano deve occuparsi del suo destino eterno usando i beni per aiutare i poveri, perché sono loro che un giorno lo accoglieranno nel Regno.
Sono i poveri la vera ricchezza che non ci sarà tolta, perché grazie a loro possiamo esercitare quella carità che ci permette di accumulare tesori in Cielo. L’invito alla giustizia e all’onestà nei confronti dei più deboli è ribadito anche dal profeta Amos nella
prima Lettura. Tutti gli uomini, infatti, sono fratelli e figli dello stesso Padre e tutti hanno per destino la santità, come afferma l’apostolo Paolo nella seconda Lettura.

Nicola Gori – LA DOMENICA

Veglia di preghiera sulle orme dei martiri di ieri e di oggi

La Siria è l’epicentro della persecuzione nel Medio Oriente contro i cristiani come al tempo dei santi Cosma e Damiano, originari della medesima area geografica.

Guardando all’esempio dei martiri così cari alla nostra devozione popolare, con questa preghiera (la veglia presieduta dal nostro Vescovo) vogliamo invitare tutti a un gesto di riflessione e comunione spirituale con i nostri fratelli siriani e non solo, educandoci a cogliere nella loro testimonianza un aiuto alla coerenza della nostra vita credente.
La veglia è preparata dalla commissione liturgica della diocesi di Nardò-Gallipoli, in collaborazione con la Parrocchia Santi Medici in Copertino.

Abbot Semaan Abou Abdou, amministratore patriarcale dell’Eparchia maronita di Aleppo, dice: «Ciascuno ad Aleppo è un martire potenziale, in particolare i cristiani che vengono uccisi solo perché cristiani e non vogliono abbandonare la loro fede e la loro terra. A volte vedo davvero la fede delle persone cambiare e crescere. La loro fede è roccia solida: vengono in tanti in chiesa e i volti della maggioranza delle persone riflettono una letizia interiore che ti trasporta in territorio divino. I cristiani sono in grado di ringraziare il Signore con tutto il cuore, non si lamentano nonostante la persecuzione, i disagi e le privazioni. Ci sono dei sorrisi sui loro visi. Ringraziano e apprezzano tutto ciò che fai per loro. Il mio popolo, anche i bambini, mi danno una lezione di letizia. In Medio Oriente siamo una minoranza ma non contano i numeri, ciò che è importante è il valore intrinseco e il potere della loro esistenza e la testimonianza della loro presenza attiva».  (intervista a Tempi. Aprile 2016)

domenica 11 settembre 2016

VERBO DI DIO: Liturgia della Parola di Domenica 11 settembre, 24^ del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA
(Es 32,7-11.13-14)
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.
Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”».
Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervìce. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

Parola di Dio




SECONDA LETTURA
(1Tm 1,12-17)

Cristo è venuto per salvare i peccatori.


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Parola di Dio




VANGELO
(Lc 15,1-32)

Ci sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte. 
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Parola del Signore.



GRADINI DI SANTITA': RALLEGRATEVI PERCHÉ HO RITROVATO LA MONETA PERDUTA

Come ci conferma la parabola del padre misericordioso, Dio ci ama di un profondo amore gratuito. A noi viene chiesto di corrispondervi dimostrandoci a nostra volta misericordiosi e capaci di perdono verso i fratelli che sbagliano.
La celebrazione odierna ci pone di fronte al binomio: peccato-misericordia. Come di fronte a un bivio, siamo chiamati a scegliere con quale prospettiva guardare la vita nostra o altrui. 
Gli scribi e i farisei si accorsero che Gesù mangiava assieme a dei peccatori e non con delle persone bisognose di misericordia. Diversamente, Mosè invoca da Dio tutta la misericordia di cui aveva bisogno il popolo di Israele prostrato ai piedi del vitello d’oro (I Lettura). 
La Sacra Scrittura e la vita quotidiana ci fanno scoprire che la misericordia può nascere spontanea verso chi amiamo, altre volte serve uno sforzo per onorare questo valore della vita cristiana. C’è bisogno di ricordare che Cristo è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali i primi siamo noi (II Lettura).
Il Signore si china quando siamo noi la pecora che si smarrisce e ogni volta che perdiamo la moneta della dignità con il peccato. Siamo anche chiamati a imitare il padre misericordioso quando sono gli altri a peccare contro di noi e la loro compiacenza ne rivela l’opportunismo (Vangelo). 
La misericordia di Dio lava i nostri peccati e le nostre labbra si inebriano della sua presenza. 

Fr Gianfranco TinelloofmcapLA DOMENICA

I sessant'anni di sacerdozio di Don Luigi Tarantino

Il 15 agosto scorso, solennità della Assunzione di Maria Santissima, Don Luigi Tarantino, Parroco della nostra Parrocchia per oltre quarant'anni, ha celebrato il 60° anniversario dell’ordinazione sacerdotale.
Giovedì 15 settembre, nella memoria dell'Addolorata, per festeggiare insieme il questa felice circostanza, Don Luigi sarà con noi nella Chiesa Cattedrale di Gallipoli, per una celebrazione eucaristica, con inizio alle ore 18,30.

Sarà per tutti un'occasione di grazia per elevare al Signore la nostra gratitudine per quanto ha operato in lui e ,attraverso il suo ministero, nella nostra parrocchia.

domenica 4 settembre 2016

VERBO DI DIO: Liturgia della Parola di domenica 4 settembre, XXIII del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA
(Sap 9,13-18)

Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
Dal libro della Sapienza
Quale, uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.
A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo?
Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?
Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza».

Parola di Dio



SECONDA LETTURA
(Fm 1,9-10.12-17) 

Accoglilo non più come schiavo, ma come fratello carissimo. 
Dalla lettera a Filèmone

Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.
Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. 
Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.
Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.

Parola di Dio



VANGELO
(Lc 14,25-33) 

Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. 

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

Parola del Signore

GRADINI DI SANTITA': DONACI, SIGNORE, LA SAPIENZA NELLE SCELTE DELLA VITA

Occorre mettere Gesù al centro della vita del discepolo. Come il costruttore di case, come il re prima di intraprendere la guerra, occorre calcolare bene le possibilità di portare a termine quello che si inizia. Scegliere o no Cristo è un impegno che riguarda tutta la vita, terrena e ultraterrena.
La folla numerosa che seguiva il giovane profeta Gesù di Nazareth, figlio di Giuseppe, fu scossa: andare con Lui non coincideva con l’essere suoi discepoli (Vangelo). Il messaggio di Gesù ebbe fin da subito una forza dirompente. Paolo si rivolge a Filemone, esortandolo ad accogliere di nuovo il suo schiavo fuggitivo Onesimo come un fratello carissimo a motivo della sua dignità di uomo e, ora divenuto cristiano, come fratello nel Signore (II Lettura). 
Questo episodio è l’eco della Chiesa antica che sfidava la distinzione delle classi sociali e razziali manifestando tale uguaglianza nella liturgia. Le celebrazioni erano fatte assieme, e quando si creavano discriminazioni gli apostoli intervenivano per ristabilire la comunione. Il salmo 89 dice: «Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore». 

Cristo sapienza del Padre (I Lettura) ci aiuta a raddrizzare le nostre vie: ci racconta della grandiosità di un costruttore entusiasta e squattrinato, ci mette in guardia dal cieco orgoglio di un re coraggioso e incosciente. Siamo chiamati a rinunciare ai nostri eccessi per fare posto all’eccesso di cui ci parla il Crocifisso. 

Fr Gianfranco TinelloofmcapLa Domenica

ASSEMBLEA DI AZIONE CATTOLICA: Laici di Ac: “credenti inquieti” nella Chiesa di Nardò-Gallipoli


giovedì 1 settembre 2016

Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale di preghiera per la cura del Creato 2016


Usiamo misericordia verso la nostra casa comune

In unione con i fratelli e le sorelle ortodossi, e con l’adesione di altre Chiese e Comunità cristiane, la Chiesa Cattolica celebra oggi l’annuale “Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato”. La ricorrenza intende offrire «ai singoli credenti ed alle comunità la preziosa opportunità di rinnovare la personale adesione alla propria vocazione di custodi del creato, elevando a Dio il ringraziamento per l’opera meravigliosa che Egli ha affidato alla nostra cura, invocando il suo aiuto per la protezione del creato e la sua misericordia per i peccati commessi contro il mondo in cui viviamo».
È molto incoraggiante che la preoccupazione per il futuro del nostro pianeta sia condivisa dalle Chiese e dalle Comunità cristiane insieme ad altre religioni. Infatti, negli ultimi anni, molte iniziative sono state intraprese da autorità religiose e organizzazioni per sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica circa i pericoli dello sfruttamento irresponsabile del pianeta. Vorrei qui menzionare il Patriarca Bartolomeo e il suo predecessore Dimitrios, che per molti anni si sono pronunciati costantemente contro il peccato di procurare danni al creato, attirando l’attenzione sulla crisi morale e spirituale che sta alla base dei problemi ambientali e del degrado. Rispondendo alla crescente attenzione per l’integrità del creato, la Terza Assemblea Ecumenica Europea (Sibiu, 2007) proponeva di celebrare un “Tempo per il Creato” della durata di cinque settimane tra il 1° settembre (memoria ortodossa della divina creazione) e il 4 ottobre (memoria di Francesco di Assisi nella Chiesa Cattolica e in alcune altre tradizioni occidentali). Da quel momento tale iniziativa, con l’appoggio del Consiglio Mondiale delle Chiese, ha ispirato molte attività ecumeniche in diversi parti del mondo. Dev’essere pure motivo di gioia il fatto che in tutto il mondo iniziative simili, che promuovono la giustizia ambientale, la sollecitudine verso i poveri e l’impegno responsabile nei confronti della società, stanno facendo incontrare persone, soprattutto giovani, di diversi contesti religiosi. Cristiani e non, persone di fede e di buona volontà, dobbiamo essere uniti nel dimostrare misericordia verso la nostra casa comune – la terra – e valorizzare pienamente il mondo in cui viviamo come luogo di condivisione e di comunione.
1. La terra grida...
Con questo Messaggio, rinnovo il dialogo con ogni persona che abita questo pianeta riguardo alle sofferenze che affliggono i poveri e la devastazione dell’ambiente. Dio ci ha fatto dono di un giardino rigoglioso, ma lo stiamo trasformando in una distesa inquinata di «macerie, deserti e sporcizia» (Enc. Laudato si’, 161). Non possiamo arrenderci o essere indifferenti alla perdita della biodiversità e alla distruzione degli ecosistemi, spesso provocate dai nostri comportamenti irresponsabili ed egoistici. «Per causa nostra, migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza né potranno comunicarci il proprio messaggio. Non ne abbiamo il diritto» (ibid., 33).
Il pianeta continua a riscaldarsi, in parte a causa dell’attività umana: il 2015 è stato l’anno più caldo mai registrato e probabilmente il 2016 lo sarà ancora di più. Questo provoca siccità, inondazioni, incendi ed eventi meteorologici estremi sempre più gravi. I cambiamenti climatici contribuiscono anche alla straziante crisi dei migranti forzati. I poveri del mondo, che pure sono i meno responsabili dei cambiamenti climatici, sono i più vulnerabili e già ne subiscono gli effetti.
Come l’ecologia integrale mette in evidenza, gli esseri umani sono profondamente legati gli uni agli altri e al creato nella sua interezza. Quando maltrattiamo la natura, maltrattiamo anche gli esseri umani. Allo stesso tempo, ogni creatura ha il proprio valore intrinseco che deve essere rispettato. Ascoltiamo «tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (ibid., 49), e cerchiamo di comprendere attentamente come poter assicurare una risposta adeguata e tempestiva.
2. …perché abbiamo peccato
Dio ci ha donato la terra per coltivarla e custodirla (cfr Gen 2,15) con rispetto ed equilibrio. Coltivarla “troppo” – cioè sfruttandola in maniera miope ed egoistica –, e custodirla poco è peccato.
Con coraggio il caro Patriarca Ecumenico Bartolomeo ha ripetutamente e profeticamente messo in luce i nostri peccati contro il creato: «Che gli esseri umani distruggano la diversità biologica nella creazione di Dio; che gli esseri umani compromettano l’integrità della terra e contribuiscano al cambiamento climatico, spogliando la terra delle sue foreste naturali o distruggendo le sue zone umide; che gli esseri umani inquinino le acque, il suolo, l’aria: tutti questi sono peccati». Infatti, «un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio».
Di fronte a quello che sta accadendo alla nostra casa, possa il Giubileo della Misericordia richiamare i fedeli cristiani «a una profonda conversione interiore» (Enc. Laudato si’, 217), sostenuta in modo particolare dal sacramento della Penitenza. In questo Anno Giubilare, impariamo a cercare la misericordia di Dio per i peccati contro il creato che finora non abbiamo saputo riconoscere e confessare; e impegniamoci a compiere passi concreti sulla strada della conversione ecologica, che richiede una chiara presa di coscienza della nostra responsabilità nei confronti di noi stessi, del prossimo, del creato e del Creatore (cfr ibid., 10; 229).
3. Esame di coscienza e pentimento
Il primo passo in tale cammino è sempre un esame di coscienza, che «implica gratitudine e gratuità, vale a dire un riconoscimento del mondo come dono ricevuto dall’amore del Padre, che provoca come conseguenza disposizioni gratuite di rinuncia e gesti generosi […]. Implica pure l’amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale. Per il credente, il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Padre ci ha unito a tutti gli esseri» (ibid., 220).
A questo Padre pieno di misericordia e di bontà, che attende il ritorno di ognuno dei suoi figli, possiamo rivolgerci riconoscendo i nostri peccati verso il creato, i poveri e le future generazioni. «Nella misura in cui tutti noi causiamo piccoli danni ecologici», siamo chiamati a riconoscere «il nostro apporto, piccolo o grande, allo stravolgimento e alla distruzione dell’ambiente». Questo è il primo passo sulla via della conversione.
Nel 2000, anch’esso un Anno Giubilare, il mio predecessore san Giovanni Paolo II ha invitato i cattolici a fare ammenda per l’intolleranza religiosa passata e presente, così come per le ingiustizie commesse verso gli ebrei, le donne, i popoli indigeni, gli immigrati, i poveri e i nascituri. In questo Giubileo Straordinario della Misericordia invito ciascuno a fare altrettanto. Come singoli, ormai assuefatti a stili di vita indotti sia da una malintesa cultura del benessere sia da un «desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno» (ibid., 123), e come partecipi di un sistema «che ha imposto la logica del profitto ad ogni costo, senza pensare all’esclusione sociale o alla distruzione della natura», pentiamoci del male che stiamo facendo alla nostra casa comune.
Dopo un serio esame di coscienza e abitati da tale pentimento, possiamo confessare i nostri peccati contro il Creatore, contro il creato, contro i nostri fratelli e le nostre sorelle. «Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci fa vedere il confessionale come un luogo in cui la verità ci rende liberi per un incontro». Sappiamo che «Dio è più grande del nostro peccato», di tutti i peccati, compresi quelli contro la creazione. Li confessiamo perché siamo pentiti e vogliamo cambiare. E la grazia misericordiosa di Dio che riceviamo nel Sacramento ci aiuterà a farlo.

4. Cambiare rotta
L’esame di coscienza, il pentimento e la confessione al Padre ricco di misericordia conducono a un fermo proposito di cambiare vita. E questo deve tradursi in atteggiamenti e comportamenti concreti più rispettosi del creato, come ad esempio fare un uso oculato della plastica e della carta, non sprecare acqua, cibo ed energia elettrica, differenziare i rifiuti, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico e condividere un medesimo veicolo tra più persone, e così via (cfr Enc. Laudato si’, 211). Non dobbiamo credere che questi sforzi siano troppo piccoli per migliorare il mondo. Tali azioni «provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente» (ibid., 212) e incoraggiano «uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo» (ibid., 222).
Ugualmente il proposito di cambiare vita deve attraversare il modo in cui contribuiamo a costruire la cultura e la società di cui siamo parte: infatti «la cura per la natura è parte di uno stile di vita che implica capacità di vivere insieme e di comunione» (ibid., 228). L’economia e la politica, la società e la cultura non possono essere dominate da una mentalità del breve termine e dalla ricerca di un immediato ritorno finanziario o elettorale. Esse devono invece essere urgentemente riorientate verso il bene comune, che comprende la sostenibilità e la cura del creato.
Un caso concreto è quello del “debito ecologico” tra il Nord e il Sud del mondo (cfr ibid., 51-52). La sua restituzione richiederebbe di prendersi cura dell’ambiente dei Paesi più poveri, fornendo loro risorse finanziarie e assistenza tecnica che li aiutino a gestire le conseguenze dei cambiamenti climatici e a promuovere lo sviluppo sostenibile.
La protezione della casa comune richiede un crescente consenso politico. In tal senso, è motivo di soddisfazione che a settembre 2015 i Paesi del mondo abbiano adottato gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, e che, a dicembre 2015, abbiano approvato l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, che si pone l’impegnativo ma fondamentale obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale. Ora i Governi hanno il dovere di rispettare gli impegni che si sono assunti, mentre le imprese devono fare responsabilmente la loro parte, e tocca ai cittadini esigere che questo avvenga, anzi che si miri a obiettivi sempre più ambiziosi.
Cambiare rotta quindi consiste nel «rispettare scrupolosamente il comandamento originario di preservare il creato da ogni male, sia per il nostro bene sia per il bene degli altri esseri umani». Una domanda può aiutarci a non perdere di vista l’obiettivo: «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?» (Enc. Laudato si’, 160).
5. Una nuova opera di misericordia
«Niente unisce maggiormente con Dio che un atto di misericordia – sia che si tratti della misericordia con la quale il Signore ci perdona i nostri peccati, sia che si tratti della grazia che ci dà per praticare le opere di misericordia in suo nome». Parafrasando san Giacomo, «la misericordia senza le opere è morta in sé stessa. […] A causa dei mutamenti del nostro mondo globalizzato, alcune povertà materiali e spirituali si sono moltiplicate: diamo quindi spazio alla fantasia della carità per individuare nuove modalità operative. In questo modo la via della misericordia diventerà sempre più concreta».
La vita cristiana include la pratica delle tradizionali opere di misericordia corporali e spirituali. «Di solito pensiamo alle opere di misericordia ad una ad una, e in quanto legate ad un’opera: ospedali per i malati, mense per quelli che hanno fame, ostelli per quelli che sono per la strada, scuole per quelli che hanno bisogno di istruzione, il confessionale e la direzione spirituale per chi necessita di consiglio e di perdono… Ma se le guardiamo insieme, il messaggio è che l’oggetto della misericordia è la vita umana stessa nella sua totalità».
Ovviamente la vita umana stessa nella sua totalità comprende la cura della casa comune. Quindi, mi permetto di proporre un complemento ai due tradizionali elenchi di sette opere di misericordia, aggiungendo a ciascuno la cura della casa comune. Come opera di misericordia spirituale, la cura della casa comune richiede «la contemplazione riconoscente del mondo» (Enc. Laudato si’, 214) che «ci permette di scoprire attraverso ogni cosa qualche insegnamento che Dio ci vuole comunicare» (ibid., 85). Come opera di misericordia corporale, la cura della casa comune richiede i «semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo […] e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore» (ibid., 230-231).
6. In conclusione, preghiamo
Nonostante i nostri peccati e le spaventose sfide che abbiamo di fronte, non smarriamo mai la speranza: «Il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato [...] perché si è unito definitivamente con la nostra terra, e il suo amore ci conduce sempre a trovare nuove strade» (ibid., 13; 245). In particolare il 1° settembre, e poi per tutto il resto dell’anno, preghiamo:
«O Dio dei poveri,
aiutaci a riscattare gli abbandonati
e i dimenticati di questa terra
che tanto valgono ai tuoi occhi. […]
O Dio d’amore, mostraci il nostro posto in questo mondo
come strumenti del tuo affetto per tutti gli esseri di questa terra» (ibid., 246).
O Dio di misericordia, concedici di ricevere il tuo perdono
e di trasmettere la tua misericordia in tutta la nostra casa comune.
Laudato si’.
Amen.

Dal Vaticano 1° Settembre 2016