sabato 27 febbraio 2016

VERBO DI DIO: La liturgia della Parola di Domenica 28 febbraio

Prima Lettura (Es 3,1-8.13-15)




Dal libro dell’Èsodo



In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.

L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.

Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.

Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».

Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».

Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».



Parola di Dio





Seconda Lettura (1Cor 10,1-6.10-12)


La vita del popolo con Mosè nel deserto è stata scritta per nostro ammonimento.



Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi



Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.

Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.

Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.



Parola di Dio





Vangelo (Lc 13,1-9)


Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.



+ Dal Vangelo secondo Luca



In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».



Parola del Signore

III DOMENICA DI QUARESIMA: Commento di don Piero De Santis


"Convertitevi: Il Regno dei cieli è vicino"

Dopo averci presentato le tentazioni di Gesù e la sua trasfigurazione, l'itinerario quaresimale proposto dalla chiesa in questo anno liturgico è un invito a meditare sulla misericordia di Dio che in Gesù Cristo sempre ci chiama a conversione, cioè a ritornare a Dio stesso con tutto il cuore, la mente e le forze.
Il brano odierno del vangelo secondo Luca (13, 1-9) si colloca al cuore della salita intrapresa con decisione da Gesù verso Gerusalemme (cfr. Lc 9,51), dove si compirà la sua passione, morte e resurrezione. Gesù ha appena chiesto a quanti lo ascoltano di esercitarsi a discernere i segni dei tempi, a valutare da se stessi ciò che è giusto (cfr. Lc 12,54-57), ed ecco che alcuni sottopongono alla sua attenzione un tragico fatto di attualità, così come ne accadono ancora ai nostri giorni: gli riferiscono «circa quei galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici». La mentalità religiosa del tempo vedeva in avvenimenti come questo un segno del castigo di Dio per il peccato, facendone un'occasione di giudizio sulle vittime...
Gesù, al contrario, sa assumere questo evento nella fede, cogliendovi un invito alla conversione. E lo fa con parole nette: «Credete che quegli uomini fossero più peccatori degli altri? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». E di seguito cita un altro grave incidente, il crollo della torre di Siloe che aveva causato la morte di diciotto persone, commentandolo ancora con le parole: «Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». In questa vita terrena non esiste un castigo di Dio che cade sugli ingiusti mentre risparmia i giusti, ma la verità è un'altra: tutti siamo peccatori, sia chi è morto sia chi rimane in vita, e «chi crede di stare in piedi, dovrebbe fare attenzione a non cadere» (cfr.1Cor 10,12).
Gesù non intende spaventare nessuno, ma vuole insegnarci che ogni evento richiede una comprensione profonda, ricca di sapienza: occorre cioè leggerlo nel proprio cuore non come un semplice fatto di cronaca, ma collocarlo nella storia, anzi nella storia di salvezza, quella che Dio porta avanti invisibilmente ogni giorno. Solo così ciascuno potrà comprendere, innanzitutto per sé, che «Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva» (cfr. Ez 18,23; 33,11).
Affinché questo sia ben chiaro, Gesù narra la parabola del fico sterile, una parabola da lui vissuta in prima persona. Dio, il padrone della vigna (cfr. Sal 80; Is 5), pianta in essa un fico; recatosi per tre lunghi anni a cercarvi frutti - quei «frutti di conversione» (cfr. Lc 3,8), già richiesti da Giovan ni il Battezzatore - non ne trova. Allora si rivolge a Gesù, il vignaiolo, chiedendogli di tagliare questo fico, perché rischia di sfruttare inutilmente il terreno. Si tratta di una misura di giustizia, a cui però il vignaiolo risponde: «Lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime, e vedremo se in futuro porterà frutto». Gesù non si limita a invocare una dilazione, ma intercede con forza, chiedendo a Dio di desistere dal male minacciato, come avevano fatto i profeti di Israele, da Mose (cfr. Es 34,9), ad Amos (cfr. Am 7,2), a tanti altri. Nel fare questo egli si impegna a lavorare con ancor più cura affinché sia fatto tutto il possibile per mettere la pianta, ossia ciascuno di noi, in condizione di portare frutto.
In ogni caso, Gesù lascia a Dio la difficile decisione del giudizio ultimo: «Se non porta frutto, tu lo taglierai, non io». In questa conclusione possiamo cogliere la grandezza della misericordia e della pazienza di Gesù, colui che con tutta la sua vita ci ha narrato il Dio che è «misericordioso e com passionevole, lento all'ira, grande nell'amore e nella fedeltà» (Es 34,5). Ora, se Gesù non ha mai condannato nessuno, ma ha sempre offerto a tutti la possibilità e la speranza della conversione, tanto meno spetta a noi ergerci a giudici della fecondità o sterilità degli altri! Ecco perché, come spesso accade nelle parabole, anche questa resta aperta, quale appello a ciascuno di noi a portare frutti di conversione.
Gesù sapeva bene che «la misericordia ha sempre la meglio nel giudizio» (Gc 2,13). Ed è proprio la conoscenza di questa misericordia di Dio, più forte dell'evidenza del nostro peccato, che ci può spingere alla conversione. Sì, ogni giorno il cristiano dovrebbe dire con convinzione: «Oggi ricomincio, oggi posso ricominciare», senza mai porre limiti alla misericordia di Dio.


Don Piero De Santis

GRADINI DI SANTITA'

Nel rito romano la liturgia quaresimale privilegia,ogni anno del ciclo triennale,una tematica.,
L'anno C è incentrato sul tema della conversione-penitenza che è l'argomento centrale in questa terza domenica di Quaresima in cui l'Evangelista Luca (cap. 13.1-9) prende spunto da due fatti di cronaca accaduti al tempo di Gesù.
Conversione è dunque la parola d'ordine dei testi odierni il cui vero significato è questo:
"cambiare mentalità,modi di pensare,di scegliere,di giudizi e di decisioni"
La Quaresima è il tempo più propizio che la Chiesa ci offre per revisionare la nostra vita, interrogarci sulla Parola di Dio, riprendere e intensificare i nostri rapporti con il Signore.
Magari ci accorgiamo di non aver prodotto frutti buoni,di aver perso molto tempo, ma il Vangelo di oggi ci rincuora perché dalla nostra parte c'è un Dio-Agricoltore che ci aiuta a dissodare il nostro cuore.
Per la meditazione di questa terza domenica di quaresima ,ci facciamo guidare da un teologo, biblista e monaco trappista belga della comunità monastica di Mont-des-Cats: Andrè Louf.
Nel 2004 il Papa Giovanni Paolo II lo invitò a comporre la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo.
E' morto nel monastero dove ha vissuto il 12 luglio 2010.
Da un suo libro dal titolo: "Sotto la guida dello Spirito", abbiamo raccolto questo brevissimo brano:

Tutto è provvisorio nella vita dell'uomo, tutto e legato al tempo: in questo senso i peccatori come i giusti vivono nel tempo, un tempo che è dono di Dio per loro, un tempo di grazia e quindi un tempo aperto alla conversione. Né il peccatore incallito né il giusto incallito resteranno tali per sempre, tutti sono chiamati a diventare 'peccatori in conversione'.
Dio viene a toccarci in infiniti modi per renderci docili a questo stato di conversione; da parte nostra possiamo solo prepararci a essere toccati da Dio.
Estranei alla conversione siamo estranei all'amore. In questo caso rimarrebbero all'uomo solo due alternative: o l'auto soddisfazione e la giustizia propria, oppure una profonda insoddisfazione e la disperazione. Al di fuori della conversione non possiamo stare alla presenza del vero Dio: non saremmo davanti a Dio, bensì davanti a uno dei nostri numerosi idoli. D'altro lato, senza Dio, non possiamo dimorare nella conversione, perché questa non è mai frutto di buoni propositi o di qualche sforzo sostenuto: è il primo passo dell'amore, dell'amore di Dio molto più che del nostro.
Convertirsi significa cedere all'azione insistente di Dio, abbandonarsi al primo segnale d'amore che percepiamo come proveniente da lui. Abbandono, dunque, nell'accezione forte di 'capitolazione': se capitoliamo davanti a Dio, ci offriamo a lui. Allora tutte le nostre resistenze fondono davanti al fuoco divorante della sua Parola e davanti al suo sguardo; non ci resta altro che la preghiera del profeta Geremia: « Sconvolgici [lett: rovesciaci], Signore, e noi saremo convertiti [lett.: rovesciati]»


Quaresima di Carità e Misericordia: Lettera di don Giampiero Fantastico Direttore di Caritas diocesana



Carissimi,
nell’indire il Giubileo della Misericordia, Papa Francesco ha esortato a porre particolare attenzione alle sofferenze del mondo, a dare voce a chi non ha voce a causa dell’indifferenza, ad aprire il nostro cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, a stringere le loro mani perché sentano il calore della nostra presenza, a «portare una parola e un gesto di consolazione», ad «annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù» e a «restituire dignità a quanti ne sono stati privati».
Questo invito interpella tutti noi!

In un tempo caratterizzato da flussi straordinari di migranti che fuggono da guerre, fame, disastri ambientali e persecuzioni di ogni tipo nelle loro terre di origine e sono «in cammino verso una speranza di vita», la CEI chiede un’attenzione speciale a forme e percorsi di accoglienza e di riconciliazione. Questo, tuttavia, non deve farci dimenticare le cause della fuga dei migranti che arrivano nelle nostre comunità e deve quindi rafforzare il nostro impegno a garantire nei Paesi di provenienza l’accesso a beni e servizi essenziali, come terra, acqua, lavoro, educazione e salute.
Nel riconoscimento del “diritto di rimanere nella propria terra” Papa Francesco invita tutti noi ad adoperarsi anche per una solidarietà concreta proprio nelle terre d’origine dei migranti: questo rappresenta un’importante occasione di collaborazione e valorizzazione delle esperienze e competenze di cooperazione internazionale presenti a livello nazionale e diocesano.
L’impegno a sostenere le Microrealizzazioni Giubilari va, quindi, nelle due direzioni: garantire adeguate condizioni di accoglienza e contribuire alla rimozione delle cause che spingono alla fuga dai propri luoghi di origine.
Pertanto, accogliendo l’invito di Papa Francesco, ogni comunità parrocchiale si adopererà sia con adeguati momenti di informazione e di preghiera, sia con una raccolta fondi, a partecipare alla Quaresima di Carità 2016, per la realizzazione di Microprogetti in MALI, nella Diocesi di Segou per un allevamento di polli; in BURKINA FASO, nella Diocesi di Kaya per un pozzo nel villaggio di Kiosablego; in TOGO, nella Diocesi di Kpalime, per l’acquisto di medicinali per il centro sanitario.
Auguro a tutti voi di vivere in questo tempo di Quaresima, camminando sulle strade della preghiera, della fraternità e della carità.

Nardò, 4 febbraio 2016

         Don Giampiero Fantastico

LA SINDONE DI GALLIPOLI: Esposta tutti i venerdì di Quaresima

La Sindone di Gallipoli (XVI Secolo)

Ogni anno, in tutti i venerdì di Quaresima, nel Duomo di Gallipoli, si espone alla venerazione dei fedeli, la Sacra Sindone. Questa devozione risale agli ultimi decenni del Sec. XVI.
Il Vescovo Sebastiano Quintiero Ortiz, venne nella nostra Città il 1585. Era nativo di Lascia nel Regno di Granata e volle regalare alla sua Chiesa Cattedrale questo ricordo singolare della passione di Gesù, probabilmente lavorato a Torino. E’ possibile cioè fotografare tutta la figura facciale e dorsale del Corpo di Gesù, con le contusioni e ferite. Dalla Sindone ce ne possiamo anche accorgere che Gesù era fisicamente un uomo dalle proporzioni straordinariamente perfette. La Sindone di Gallipoli misura in lunghezza metri 4,10; 1,4 in larghezza; mentre l’impronta di Gesù è di metri 1,78. E' monocroma di un colore grigio - giallastro, e riproduce le tracce dell’incendio subito nel 1532 a Chambery.
Nel confezionare questa Sindone furono tenuti presenti i diversi modelli dell'epoca: la celebre miniatura sèrica di Giulio Clovio, discepolo di Raffaello, di Alberto Durer conservata a Lierre nel Belgio.
Ma perchè fosse maggiormente pregiata la Sindone che il Vescovo Ortiz fece confezionare, volle ed ottenne che fosse posata sull’autentica di Torino, esposta nella Cappella di San Lorenzo, in occasione del pellegrinaggio di San Carlo Borromeo, da Milano nel 1578

In questa circostanza dal torinese Giovanni Testa, per ordine di Emanuele Filiberto fu eseguita una grande incisione in taglio dolce su rame, modello per la compilazione di molti altri esemplari della Sacra Sindone.

Nella nostra Cattedrale, per la circostanza sopra detta, insieme alla Sacra Sindone, viene esposta alla pietà dei fedeli un'altra insigne reliquia con un pezzo del Legno della Santa Croce, custodito in un prezioso reliquiario d'argento con lo stemma del Vescovo Alessio Zelodano (1494 – 1508).


venerdì 26 febbraio 2016

I SALMI DELLA MISERICORDIA


In questo secondo venerdì di Quaresima mediteremo e pregheremo il Salmo 94, detto anche “invitatorio”.
Infatti, ogni giorno la chiesa inizia la recita del Divino Ufficio proprio con questo Salmo che è un inno di lode e di ringraziamento in cui si celebra la sovrana grandezza di Dio che ha plasmato la terra, il mare e quanto esso racchiude.
Tema:
Questo Salmo è un inno profondamente liturgico in cui si celebra, con invito festoso e solenne, a lodare, ringraziare, adorare, ascoltare il Signore perché Egli e”la roccia della nostra salvezza”.
Ascoltiamo dunque, con fede e ubbidienza la sua Parola che scioglie i nostri cuori di pietra facendolo diventare sua dimora per accedere alla terra promessa: la contemplazione del volto di Dio.
Ciò non fu concesso ai nostri padri nel deserto che, pur avendo visto gli enormi miracoli compiuti di Dio, continuarono sempre a dubitare.
Perciò non induriamo i nostri cuori per noi siamo il popolo di Dio, il gregge del suo pascolo che ci conduce, attraverso il cammino della vita, al riposo di Dio, che no è ozio ma completa,mento di un'opera.
Ebbene, lodiamo e contiamo con festa in quanto l'oggetto della nostra gioia è Dio che è al di sopra di tutti gli dei.

Dal libro dell'Apocalisse

Ecco sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap. 3-20)


Preghiera

Ogni giorno che Tu ci doni, Signore, porta con se un invito all'amore: fa che non restiamo sordi alla tua voce di oggi, ma che l'obbedienza docile alle opere accompagni l'adorazione e la lode.

sabato 20 febbraio 2016

VERBO DI DIO: Liturgia della Parola di Domenica 21 febbraio

Prima Lettura (Gen 15,5-12.17-18)
Dio stipula l’alleanza con Abram fedele.
Dal libro della Gènesi

In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo».
Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.
Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono.
Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram:
«Alla tua discendenza
io do questa terra,
dal fiume d’Egitto
al grande fiume, il fiume Eufrate».

Parola di Dio


Seconda Lettura (Fil 3,17- 4,1)
Cristo ci trasfigurerà nel suo corpo glorioso.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.
Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!

Parola di Dio.



Vangelo (Lc 9,28-36)
Mentre Gesù pregava, il suo volto cambiò d’aspetto.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Parola del Signore

II DOMENICA DI QUARESIMA

Mentre pregava, il suo volto cambiò di aspetto
Se la prima domenica di Quaresima ci ha presentato Gesù a confronto con la tentazione, faccia a faccia con Satana nella solitudine del deserto, questa seconda domenica ci mostra Gesù che conosce la trasfigurazione del suo volto e di tutta la sua persona, resa partecipe dell'indicibile gloria del Pa dre (Lc 9, 28b-36). Nell'itinerario quaresimale la trasfigurazione di Gesù indica il fine a cui tende questo cammino: la resurrezione, di cui la trasfigurazione è anticipazione e profezia.
Alcuni giorni dopo aver annunciato ai suoi discepoli la necessità della sua morte e resurrezione (cfr. Lc 9,22) e aver esposto loro con chiarezza le condizioni per seguirlo in tale cammino (cfr. Lc 9,23-26), «Gesù prende con sé Pietro, Giovanni e Giacomo» - i tre discepoli a lui più intimi - «e sale sul monte a pregare». Luca è l'evangelista che insiste maggiormente sulla preghiera di Gesù: egli prega al momento del battesimo ricevuto da Giovanni (cfr. Lc 3,21), prega prima di scegliere i Dodici (cfr. Lc 6,12-13), prega nell'imminenza della sua passione (cfr. Lc 22,39-46). Ebbene, anche la trasfigurazione di Gesù avviene nel contesto della sua preghiera, nel mistero del suo colloquio personalissimo con il Padre: «Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto». La preghiera è per Gesù spazio di accoglienza in sé della Presenza di Dio, Presenza che è santità, cioè alterità capace di trasfigurare colui che accetta di acco glierla radicalmente nella sua vita: e così il divenire altro del volto di Gesù manifesta che ormai egli narra l'invisibile volto di Dio (cfr. Gv 1,18).
La preghiera, inoltre, è comunicazione di Dio a Gesù mediata dalla sua «conversazione» con Mosè ed Elia, che personificano la Legge e i Profeti, ossia le Scritture dell'Antico Testamento. Sì, la preghiera di Gesù è essenzialmente ascolto della parola di Dio contenuta nelle Scritture, un ascolto che diviene colloquio con chi è vivente in Dio, una vera e propria esperienza della comunione dei santi. E in questa preghiera che Gesù trova conferma al proprio cammino, ormai orientato verso la passione, morte e resurrezione, e lo coglie in continuità con la storia di salvezza condotta da Dio con il suo popolo: ecco perché Mosè ed Elia parlano con lui del suo «esodo che avrebbe compiuto a Gerusalemme», l'esodo da questo mondo al Padre. Non a caso, poco dopo, si specifica che Gesù rivolgerà con risolutezza il suo volto e i suoi passi verso la città santa (cfr. Lc 9,51), deciso a vivere ciò che nella preghiera ha compreso essere la sua missione.
«Pietro e i suoi compagni erano presi dal sonno profondo; ma, svegliatisi, videro la sua gloria ei due uomini che stavano con lui». Ma questa esperienza straordinaria, che avviene al prezzo di una lotta per restare vigilanti, dura un momento: la trasfigurazione di Gesù è anticipazione della comunione che attende tutti gli uomini nel Regno, è primizia del mondo completamente posto sotto il segno della bellezza di Dio; ma appunto, è solo una primizia... Ecco perché mentre Pietro, senza sapere in verità ciò che dice, chiede a Gesù di prolungare tale esperienza mediante la costruzione di tre tende, la Nube della Presenza di Dio (cfr. Es 13,21-22; 16,10; ecc.) li avvolge, e da essa viene una voce che proclama: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!». Il grande comandamento consegnato a Israele: «Ascolta, Israele!» (Dt 6,4), ormai risuona come: «Ascoltate lui, il Figlio!», la Parola fatta carne in Gesù (cfr. Gv 1,14), l'uomo in cui le Scritture trovano il loro compimento (cfr. Lc 24,44). Questo è l'essenziale della nostra fede!
Il vangelo di questa domenica ci mette dunque in guardia: Gesù non può essere la proiezione dei nostri desideri, ma è il Gesù Cristo secondo le Scritture, e per conoscerlo occorre ascoltare, meditare e pregare la Parola contenuta in tutte le Scritture. Tutto questo nella consapevolezza che la preghiera non ci esenta dalla fatica quotidiana dell'obbedienza a Dio attraverso Gesù Cristo, ossia dal compimento della nostra personale vocazione; al contrario, la preghiera ci aiuta a riempirla di senso, perché trasfigura gli eventi e le relazioni di ogni giorno. Così è stato per Gesù, così può essere anche per noi.

Don Piero De Santis

GRADINI DI SANTITA'

La seconda domenica di Quaresima è tradizionalmente “la Domenica della Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor”, ovvero il polo opposto alla prima, dedicata alla tentazione di Gesù.
Al centro del Vangelo c'è Gesù con i suoi discepoli più vicini ed intimi che li conduce su un alto monte, a pregare.
Ciò che è avvenuto è qualcosa di indicibile, chi lo può descrivere adeguatamente?
Mentre Gesù pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. (Lc. 9,29)
Il bianco candido è il colore del mondo celeste, del cielo aperto, degli angeli della resurrezione e dell'ascensione. Della veste battesimale e niente sulla terra si avvicina a questo candore.
Nel mistero della Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, la voce del Padre invita i tre discepoli, estraneati dalla visione, a mettersi in ascolto di Cristo, a porre il Lui ogni fiducia per farne il centro della propria vita.
Anche noi, se vogliamo conseguire la vita eterna, dobbiamo porci in ascolto del Verbo di Dio con grande disponibilità ad accoglierla nel silenzio interiore del nostro cuore.
Come Gesù è salito sul monte Tabor per pregare, per discendere in vista di un'ascesa su un altro monte che è quello del Golgota,anche noi dobbiamo scendere dal monte della contemplazione per lavorare, affaticarci, soffrire e, persino, morire per il Regno.
Anche in questa domenica di Quaresima ci fa da guida il grande dottore Vescovo Sant'Agostino con il suo sermone 78,3-6a

 
DAI "SERMONI"DI SANT’AGOSTINO VESCOVO  (Serm. 78, 3-6)

Dio non ti riserva un proprio dono, ma se stesso

Mentre la nube li avvolgeva tutti e in certo qual modo facendo per essi una sola tenda, si fece sentire anche una voce che diceva: Questo è il Figlio mio prediletto. Erano lì Mosè ed Elia, eppure discepoli non fu detto: "Questi sono i figli miei diletti". Una cosa è il Figlio unigenito, un'altra cosa sono i figli adottivi. Veniva esaltato Colui del quale si gloriavano la Legge e i Profeti. Questo è il Figlio mio prediletto - è detto - nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo! (Mt 17, 5; Lc 9, 35) Poiché lo avete udito attraverso i Profeti e attraverso la Legge. E quando non lo avete udito? A quelle parole i discepoli caddero bocconi a terra. Ci viene già mostrato nella Chiesa il regno di Dio. Qui c'è il Signore, qui c'è la Legge e i Profeti; ma il Signore in quanto è il Signore, la Legge invece in quanto rappresentata da Mosè e la Profezia rappresentata da Elia; ma essi in quanto servi, in quanto esecutori degli ordini. Essi come recipienti, egli come sorgente. Mosè ed i Profeti parlavano e scrivevano, ma da lui proveniva ciò ch'essi proferivano.
Il fatto che i discepoli caddero bocconi a terra significa simbolicamente che moriremo, poiché è stato detto alla carne: Terra sei e nella terra tornerai (Gn 3, 19). Il fatto invece che il Signore li fece rialzare, simboleggiava la risurrezione. Dopo la risurrezione a che ti serve la Legge? a che ti serve la profezia? Ecco perché scompaiono Elia e Mosè. Ti rimane: ln principio era il Verbo e il Verbo era con Dio e il Verbo era Dio (Gv 1, 1). Ti resta che Dio sia tutto in tutti (cf. 1 Cor 15, 28). Vi sarà Mosè ma non vi sarà più la Legge. Vedremo lì anche Elia, ma non più gli scritti del Profeta. Poiché la Legge e i Profeti resero testimonianza a Cristo che doveva patire e il terzo giorno risorgere dai morti ed entrare nella sua gloria (cf. Lc 24, 44-47). Lì si avvererà ciò che ha promesso a coloro che lo amano: Chi mi ama, sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò (Gv 14, 21). E come se gli fosse stato chiesto: "Poiché tu lo amerai, che cosa gli darai?", risponde: Mi farò conoscere a lui (Gv 14, 21). Gran dono, grande promessa! Dio non ti riserva un proprio dono, ma se stesso. Perché mai, avaro, non ti basta ciò che ti promette Cristo? A te sembra d'esser ricco, ma se non hai Dio, che cosa hai? Un altro invece è povero ma se possiede Dio, che cosa non possiede?
Scendi, Pietro; desideravi riposare sul monte: scendi; predica la parola di Dio, insisti in ogni occasione opportuna e importuna, rimprovera, esorta, incoraggia usando tutta la tua pazienza e la tua capacità d'insegnare (cf. 2 Tim 4, 2). Lavora, affaticati molto, accetta anche sofferenze e supplizi affinché, mediante il candore e la bellezza delle buone opere, tu possegga nella carità ciò ch'è simboleggiato nel candore delle vesti del Signore. Poiché nell'elogio della carità, letto nella lettera dell'Apostolo, abbiamo sentito: Non cerca i propri interessi (1 Cor 13, 5). Non cerca i propri interessi perché dona quel che possiede. ln un altro passo egli usa un'espressione piuttosto pericolosa qualora non sia ben intesa. L'Apostolo infatti facendo ai fedeli membri di Cristo una raccomandazione conforme alla stessa carità, dice: Nessuno cerchi ciò ch'è proprio, ma quello degli altri (1 Cor 10, 24). L'avaro infatti, al sentire tale precetto, prepara tranelli per frodare negli affari, ingannare qualcuno e cercare non quel ch'è proprio ma la roba d'altri. L'avarizia invece reprima questi desideri e venga avanti la giustizia; ascoltiamo e cerchiamo di capire quel precetto. Alla carità è detto: Nessuno cerchi ciò ch'è proprio, ma quello degli altri. Se però tu, o avaro, ti opponi a questo precetto e piuttosto pretendi ridurre questo precetto al permesso di bramare l'altrui, prìvati del tuo. Ma siccome io ti conosco, tu vuoi avere non solo il tuo ma anche l'altrui. Tu compi frodi per appropriarti dell'altrui; allora lasciati derubare, perché in tal modo tu possa disfarti del tuo. Tu però non vuoi cercare quel ch'è tuo ma ti porti via la roba d'altri. Se fai così, non fai bene. Ascolta, o avaro, ascolta bene. ll precetto: Nessuno cerchi quel ch'è suo, ma quello ch'è di altri, l'Apostolo te lo spiega più chiaramente in un altro passo. Di se stesso dice: Non cerco quel ch'è utile a me personalmente, ma quel ch'è utile a tutti, affinché tutti si salvino (1 Cor 10, 33). Ciò Pietro non lo capiva ancora quando sul monte desiderava vivere con Cristo. Questa felicità Cristo te la riservava dopo la morte, o Pietro. Ora invece egli stesso ti dice: "Discendi ad affaticarti sulla terra, a servire sulla terra, ad essere disprezzato, ad essere crocifisso sulla terra". È discesa la vita per essere uccisa, è disceso il pane per sentire la fame, è discesa la via, perché sentisse la stanchezza nel cammino, è discesa la sorgente per aver sete, e tu rifiuti di soffrire? Non cercare i tuoi propri interessi. Devi avere la carità, predicare la verità; allora giungerai all'eternità, ove troverai la tranquillità.

SETTIMANA IN PARROCCHIA

APPUNTAMENTI DAL 22 AL 28 FEBBRAIO

Lunedì
22 Febbraio

Ore 19.15: incontro di formazione liturgica per i cerimonieri, gli animatori liturgici delle Confraternite e Associazioni, i Ministranti e i Catechisti.
Martedì
23 Febbraio

Ore 18.30: Lectio Divina. Segue la S. Messa e l'Adorazione Eucaristica. A partire da questo appuntamento e nei prossimi incontri oggetto di meditazione sarà il brano dell'incontro di Filippo con l'eunuco, riportato nel libro degli Atti degli Apostoli, icona biblica che ha ispirato il cammino diocesano di riscoperta della dimensione battesimale nella vita del cristiano.
Mercoledì
24 Febbraio


Ore 19.30: incontro con i Catechisti.
Giovedì
25 Febbraio



Venerdì
26 Febbraio


Inizio del percorso in preparazione alla S. Pasqua animato dai giovani delle Confraternite e delle Associazioni. Il primo appuntamento sarà nella Chiesa della Purità, alle ore 19.30.

Ore 18.30: S. Messa nella Chiesa del Carmine.
Sabato
27 Febbraio

Ore 10.00: S. Messa nella Chiesa di S. Giuseppe in via Zacheo.

La S. Messa delle ore 18.30 sarà celebrata nella Chiesa dei Santi Medici, nella memoria di S. Gabriele dell'Addolorata. Pertanto, in Cattedrale non ci sarà la S. Messa vespertina.
Domenica
28 Febbraio

III
di Quaresima
Durante la S. Messa delle ore 10.00 saranno presentati alla comunità i ragazzi di Prima Comunione.

Le offerte raccolte durante questa Domenica saranno devolute alla Caritas diocesana.

Le SS. Messe avranno il seguente orario:

ore 8.00: Monastero di S. Teresa.
ore 10.00: Basilica Cattedrale di S. Agata.
ore 17.30: S. Francesco d'Assisi.
ore 18.30: Basilica Cattedrale di S. Agata.



giovedì 18 febbraio 2016

I SALMI DELLA MISERICORDIA

Con il mercoledì delle Ceneri, la redazione ha voluto aprire un post per avvicinare maggiormente i suoi lettori alla preghiera e alla conoscenza dei Salmi.
I Salmi non sono letture, né preghiere scritte in prosa, ma poema di lode che offrono il modo migliore per pregare con maggiore fervore, sia quando rendiamo grazie a Dio e lo glorifichiamo in esultanza, sia quando lo supplichiamo dal profondo delle nostre sofferenze.
In verità, qualunque sia la sua origine storica, ogni salmo ha un proprio significato, che non possiamo trascurare.
Sebbene questi Salmi siano stati composti molti secoli fa sotto ispirazione dello Spirito Santo, tuttavia essi esprimono assai bene il dolore e la speranza, la miseria e la fiducia degli uomini di ogni tempo e nazione e cantano la fede in Dio, la sua rivelazione e redenzione.
Per facilitare la comprensione di ogni salmo e la penetrazione del senso cristiano che ciascuno di essi racchiude, abbiamo pensato di corredarlo con un titolo, un versetto del Nuovo Testamento ed una preghiera conclusiva.
Dopo aver presentato il Salmo 51, oggi, e lo faremo ogni venerdì, vogliamo accostarci al Salmo 136, in cui si riassume tutta la storia della salvezza di cui l'Antico Testamento ci dà testimonianza.

  


SALMO 136
Inno di fede all'amore misericordioso e di ringraziamento comunitario




Tema:

Il Salmo 136 è una solenne preghiera di rendimento di grazie, conosciuto come il "Grande Hallel” che tradizionalmente gli Ebrei cantavano alla fine della cena pasquale. Probabilmente è stato pregato anche da Gesù nell'ultima Pasqua celebrata con i suoi discepoli; ad esse sembra infatti alludere l'annotazione degli Evangelisti: “Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi” (Mt.23,30; Mc. 14-26).
Tutto il Salmo si snoda in forma litanica, scandito dalla ripetizione antifonale: “Perché il suo amore è per sempre”, dopo di che, in ogni versetto, vengono enumerati i molti prodigi e i continui interventi di Dio in favore del suo popolo. Il motivo unificante di tutto il Salmo è quello di celebrare l'amore di Dio che è fedeltà, misericordia, bontà, grazia e tenerezza per ogni creatura e per il suo popolo.

Dalla Prima lettera di S. Pietro Apostolo
(1,3-4)

Sia benedetto Dio Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha generati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un'eredità che non si corrompe, no si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell'ultimo tempo.

Preghiera

Il tempo è poca cosa per cantare le meraviglie del tuo amore, o Signore. Liberati dalla presente umiliazione e accolti nell'eredità del tuo Figlio, cateremo in eterno la tua misericordia.


domenica 14 febbraio 2016

VERBO DI DIO: Liturgia della Parola di Domenica 14 febbraio

Prima Lettura (Dt 26,4-10)

Professione di fede del popolo eletto.
Dal libro del Deuteronòmio

Mosè parlò al popolo e disse:
«Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Aramèo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio».

Parola di Dio


***
Seconda Lettura (Rm 10,8-13)
Professione di fede di chi crede in Cristo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, che cosa dice [Mosè]? «Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore», cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.
Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».

Parola di Dio


***
Vangelo (Lc 4,1-13)
Gesù fu guidato dallo Spirito nel deserto e tentato dal diavolo.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

Parola del Signore

I^ DOMENICA DI QUARESIMA


« Fra tutti i giorni dell'anno che la devozione cristiana onora in vari modi, non ve n'è uno che superi per importanza la festa di Pasqua, perché questa rende sacre tutte le altre solennità. Ora, se consideriamo ciò che l'universo ha ricevuto dalla Croce del Signore, noi riconosceremo che, per celebrare il giorno di Pasqua, è giusto prepararci con un digiuno di quaranta giorni, per partecipare degnamente ai divini misteri. Non solo i vescovi, i sacerdoti, i diaconi devono purificarsi da tutte le macchie, ma l'intero corpo della Chiesa e tutti quanti i fedeli; perché il tempio di Dio, che ha come base il suo stesso Fondatore, deve essere bello in tutte le sue pietre e luminoso in ogni sua parte» (S. Leone Magno).
In queste parole del grande Papa e Padre della Chiesa è contenuto il significato austero e profonda mente impegnativo del ciclo liturgico quaresimale, che oggi inauguriamo: una lunga «marcia» di purifica zione e di preparazione per poter « partecipare degna mente » alla pienezza del « dono » trasformante della Pasqua, che Cristo ci offrirà come espressione massima della totalità del suo amore.
Il brano evangelico, ripreso da Luca (4,1-13), che ci descrive il drammatico incontro di Gesù con Satana, ci aiuta a cogliere anche meglio il senso della Quare sima come tempo di prova e di «tentazione » che affina lo spirito e lo rende totalmente docile alla volontà di Dio, colta negli appelli e nei risvolti più segreti della sua «Parola». Pertanto cerchiamo di cogliere in esso alcune indicazioni che ci possono essere di aiuto durante l’itinerario dei quaranta giorni.
La prima è questa: per S. Luca la «tentazione» si estende a tutto il tempo di dimora di Gesù nel deserto, e addirittura fino alla Pas sione. È dunque una «tentazione» che afferra tutta la vita di Cristo!
A differenza di Matteo, infatti, Luca scrive che Gesù «fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo» (vv. 1-2). E conclude dicendo che, «dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato» (v. 13). Il «tempo fissato» è precisa mente quello della Passione, dove il «diavolo» di nuo vo appare come l'orchestratore del tradimento di Giuda (Lc 22,3) e della violenza fisica e della sopraffazione contro Cristo: «Questa è la vostra ora, e l'impero delle tenebre» (Lc 22,53), dirà Gesù alla soldatesca venuta ad arrestarlo nell'orto.
Il testo ci permette anche di intravedere il «genere» di tentazione, con cui Satana, con abile suggestione, cerca di travolgere Cristo. Per ben due volte egli insiste sul fatto che Gesù è «Figlio di Dio»: «Se sei Figlio di Dio, dì a queste pietre che diventino pane... Se sei Fi glio di Dio, buttati giù...» (vv. 3.9).
D'altra parte, il racconto delle tentazioni segue la scena del Battesimo, dove Gesù era stato proclamato solennemente «il Figlio prediletto» del Padre (3,22). Satana dunque collega la missione di Gesù quale «Fi glio di Dio» con gesti di potenza, con manifestazioni di gloria mondana e lo invita ad accettare il ruolo di un «Messia» trionfatore e terreno.
È questa la tentazione drammatica che ha inseguito sempre Cristo e che gli viene sempre di nuovo proposta dalle attese della gente (14,15; 19,11), dei suoi concit tadini (4,25), perfino dei suoi Apostoli (10,20). Ancora sotto la Croce si leverà irridente, con una violenza quasi invincibile, l'ultimo ghigno della tentazione: «Ha sal vato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto» (23,35). Sembra quasi che la folla ripeta ad litteram le parole di Satana nel deserto!
La tentazione di essere diverso da se stesso, di at tuare un progetto di vita più facile e più accomodante, di essere il Messia desiderato dagli uomini più che quello voluto da Dio! Questa è la tentazione paurosa che Satana ha scatenato contro Cristo. Ma è anche la tentazione che scuote i cristiani d'oggi e di sempre: essere diversi da quello che Cristo, con il suo esempio ha voluto e vuole che noi siamo; adattarci alle attese degli altri, più che sollevare gli altri alle attese di Dio! È l'eterna seduzione di Satana, che purtroppo con noi riesce, mentre non è riuscita con Cristo.
E non è riuscita, perché lui si è come inchiodato alla fedeltà più assoluta alla «Parola» quale espressione della volontà del Padre. È questo il significato del suo continuo ricorso alla Scrittura, per vincere le tentazioni di Satana: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uo mo... Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo ado rerai... È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo» (vv. 4.8.12). Non si tratta qui tanto di una schermaglia dialettica o di sottile esegesi, quanto piuttosto di una precisa volontà di lasciarsi muovere e misurare dalla forza discriminante della Parola. E la Parola rimanda continuamente all'ultimo Assoluto che le sta dietro e la mette in essere: Dio come l'unico «Signore» che dob biamo adorare e servire.
Abbiamo qui un'altra indicazione per la nostra Qua resima: non solo l'ascolto della Parola, ma soprattutto la realizzazione delle sue esigenze nella nostra vita per trasformarla in un autentico progetto di Dio. Solo così anche noi vinceremo, sull'esempio di Cristo, la sempre riaffiorante tentazione di un cristianesimo accomodante, che sembra voler piacere più agli uomini che a Dio (cfr. Gal 1,10).


Don Piero De Santis