domenica 24 luglio 2016

17a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO. Commento di don Piero De Santis


«Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni il Battezzatore ha insegnato ai suoi discepoli»: questa è la domanda che anche noi, oggi, rivolgiamo al Signore Gesù, ascoltando in risposta la sua catechesi sulla preghiera (Lc 11,1-13).

La richiesta dei discepoli nasce dal vedere Gesù in pre­ghiera: nel deserto, nella notte, al mattino presto egli preserva tenacemente il tempo essenziale per nutrire la relazione con Dio che lo ha mandato e che gli dà la forza per vivere al servizio suo e degli uomini. Luca è l'evangelista che insiste maggiormente sulla preghiera di Gesù, collegandola ai momenti salienti della sua vita, dalla preghiera durante il battesimo (cfr. Lc 3,21-22) fino a quella con cui sulla croce Gesù invoca dal Padre il perdono per i suoi carnefici (cfr. Lc 23,34) e poi consegna il proprio respiro nelle sue mani (cfr. Lc 23,46). Gesù dunque insegna ciò che lui stesso vive in prima persona. La sua è una preghiera personalissima, in cui si rivolge a Dio chiamandolo «Papà», con la sfumatura di particolare confidenza insita nel termine Abbà (cfr. Mc 14,36); è la porta d'accesso al mistero della sua persona, tutta sotto il segno della filialità nei confronti del Padre amato.

Ecco perché egli risponde ai discepoli ammaestrandoli con il «Padre nostro», «compendio di tutto il Vangelo» (Tertulliano). II Pater - che oggi ascoltiamo nella versione di Luca - più che una formula costituisce un compendio delle indicazioni di Gesù sparse nei quattro vangeli: e una traccia, un canone che ricapitola l'essenziale della preghiera cristiana. All'invocazione: «Padre», seguono cinque domande, poste in un ordine precise. Innanzitutto si prega per Dio, chiedendogli che il suo Nome sia santificato, che tutti possano cioè riconoscerlo quale Dio tre volte Santo. Domandando: «Venga il tuo Regno», si invoca che la signoria di Dio si manifesti sulla terra attraverso la pace, la giustizia, la riconciliazione; nel contempo, si chiede la venuta escatologica del Regno, inaugurato da Gesù (cfr. Lc 11,20; 17,21), ma non ancora realizzato compiutamente. Solo in un secondo momento il cristiano prega per i propri bisogni: il pane quotidiano, frutto della benedizione di Dio sul lavoro dell'uomo; il perdono dei peccati, condizionato dal perdono accordato ai fratelli (cfr. Mt 6,14-15); l'aiuto di Dio per non soccombere nell'ora della tentazione.

Attraverso la parabola dell'amico che disturba un altro amico nel cuore della notte per chiedergli del pane, Gesù sottolinea poi che la preghiera deve essere contraddistinta da perseveranza e insistenza fiduciosa, quelle mostrate da Abramo (cfr. Gen 18,20-32) e Mose (cfr. Es 32,11-14.30-32). Egli commenta: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto»; e altrove afferma: «Tutto ciò che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo già ottenuto e vi sarà accordato» (Mc 11,24). Infatti «il Padre sa di quali cose abbiamo bisogno ancor prima che gliele chiediamo» (cfr. Mt 6,8), e nessuno di noi può pensare che egli dia pietre al posto del pane: noi siamo cattivi ma Dio è buono, e la nostra preghiera filiale si misura sulla fede salda in lui!

Infine Gesù conclude: «Se voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito santo a quelli che glielo chiedono!». Se nel passo parallelo di Matteo si legge che Dio darà «cose buone» (Mt 7,11), qui si parla dello Spirito Santo come del dono che il Padre non fa mai mancare a chi aderisce a lui: lo Spirito è davvero la cosa buona per eccellenza, e il dono dei doni. Le prime parole che possiamo balbettare nella preghiera sono quelle con cui invochiamo la discesa dello Spi­rito, certi che in questa domanda sono incluse tutte le altre. «Noi non sappiamo cosa domandare per pregare come si deve, ma lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza e intercede per noi con gemiti inesprimibili» (Rm 8,26): solo lo Spirito può farci ascoltare Dio e suggerirci parole che ci pongano in dialogo con lui, perché ci consente di assumere il suo volere.

Lo Spirito versa nei nostri cuori la capacità di riconoscerci figli di Dio e fratelli di Gesù; di riconoscere tutti e tutto come voluti, creati e amati da Dio. E così la preghiera ci trasforma, portandoci a vivere la relazione con il Padre, attraverso il Figlio Gesù Cristo, nella potenza dello Spirito santo.

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