Mentre pregava, il suo volto cambiò di aspetto |
Alcuni
giorni dopo aver annunciato ai suoi discepoli la necessità della sua
morte e resurrezione (cfr. Lc 9,22) e aver esposto loro con chiarezza
le condizioni per seguirlo in tale cammino (cfr. Lc 9,23-26), «Gesù
prende con sé Pietro, Giovanni e Giacomo» - i tre discepoli a lui
più intimi - «e sale sul monte a pregare». Luca è l'evangelista
che insiste maggiormente sulla preghiera di Gesù: egli prega al
momento del battesimo ricevuto da Giovanni (cfr. Lc 3,21), prega
prima di scegliere i Dodici (cfr. Lc 6,12-13), prega nell'imminenza
della sua passione (cfr. Lc 22,39-46). Ebbene, anche la
trasfigurazione di Gesù avviene nel contesto della sua preghiera,
nel mistero del suo colloquio personalissimo con il Padre: «Mentre
pregava, il suo volto cambiò d’aspetto». La preghiera è per Gesù
spazio di accoglienza in sé della Presenza di Dio, Presenza che è
santità, cioè alterità capace di trasfigurare colui che accetta di
acco glierla radicalmente nella sua vita: e così il divenire altro
del volto di Gesù manifesta che ormai egli narra l'invisibile volto
di Dio (cfr. Gv 1,18).
La
preghiera, inoltre, è comunicazione di Dio a Gesù mediata dalla sua
«conversazione» con Mosè ed Elia, che personificano la Legge e i
Profeti, ossia le Scritture dell'Antico Testamento. Sì, la preghiera
di Gesù è essenzialmente ascolto della parola di Dio contenuta
nelle Scritture, un ascolto che diviene colloquio con chi è vivente
in Dio, una vera e propria esperienza della comunione dei santi. E in
questa preghiera che Gesù trova conferma al proprio cammino, ormai
orientato verso la passione, morte e resurrezione, e lo coglie in
continuità con la storia di salvezza condotta da Dio con il suo
popolo: ecco perché Mosè ed Elia parlano con lui del suo «esodo
che avrebbe compiuto a Gerusalemme», l'esodo da questo mondo al
Padre. Non a caso, poco dopo, si specifica che Gesù rivolgerà con
risolutezza il suo volto e i suoi passi verso la città santa (cfr.
Lc 9,51), deciso a vivere ciò che nella preghiera ha compreso essere
la sua missione.
«Pietro
e i suoi compagni erano presi dal sonno profondo; ma, svegliatisi,
videro la sua gloria ei due uomini che stavano con lui». Ma questa
esperienza straordinaria, che avviene al prezzo di una lotta per
restare vigilanti, dura un momento: la trasfigurazione di Gesù è
anticipazione della comunione che attende tutti gli uomini nel Regno,
è primizia del mondo completamente posto sotto il segno della
bellezza di Dio; ma appunto, è solo una primizia... Ecco perché
mentre Pietro, senza sapere in verità ciò che dice, chiede a Gesù
di prolungare tale esperienza mediante la costruzione di tre tende,
la Nube della Presenza di Dio (cfr. Es 13,21-22; 16,10; ecc.) li
avvolge, e da essa viene una voce che proclama: «Questi è il Figlio
mio, l'eletto; ascoltatelo!». Il grande comandamento consegnato a
Israele: «Ascolta, Israele!» (Dt 6,4), ormai risuona come:
«Ascoltate lui, il Figlio!», la Parola fatta carne in Gesù (cfr.
Gv 1,14), l'uomo in cui le Scritture trovano il loro compimento (cfr.
Lc 24,44). Questo è l'essenziale della nostra fede!
Il
vangelo di questa domenica ci mette dunque in guardia: Gesù non può
essere la proiezione dei nostri desideri, ma è il Gesù Cristo
secondo le Scritture, e per conoscerlo occorre ascoltare, meditare e
pregare la Parola contenuta in tutte le Scritture. Tutto questo nella
consapevolezza che la preghiera non ci esenta dalla fatica quotidiana
dell'obbedienza a Dio attraverso Gesù Cristo, ossia dal compimento
della nostra personale vocazione; al contrario, la preghiera ci aiuta
a riempirla di senso, perché trasfigura gli eventi e le relazioni di
ogni giorno. Così è stato per Gesù, così può essere anche per
noi.
Don
Piero De Santis
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