sabato 27 febbraio 2016

III DOMENICA DI QUARESIMA: Commento di don Piero De Santis


"Convertitevi: Il Regno dei cieli è vicino"

Dopo averci presentato le tentazioni di Gesù e la sua trasfigurazione, l'itinerario quaresimale proposto dalla chiesa in questo anno liturgico è un invito a meditare sulla misericordia di Dio che in Gesù Cristo sempre ci chiama a conversione, cioè a ritornare a Dio stesso con tutto il cuore, la mente e le forze.
Il brano odierno del vangelo secondo Luca (13, 1-9) si colloca al cuore della salita intrapresa con decisione da Gesù verso Gerusalemme (cfr. Lc 9,51), dove si compirà la sua passione, morte e resurrezione. Gesù ha appena chiesto a quanti lo ascoltano di esercitarsi a discernere i segni dei tempi, a valutare da se stessi ciò che è giusto (cfr. Lc 12,54-57), ed ecco che alcuni sottopongono alla sua attenzione un tragico fatto di attualità, così come ne accadono ancora ai nostri giorni: gli riferiscono «circa quei galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici». La mentalità religiosa del tempo vedeva in avvenimenti come questo un segno del castigo di Dio per il peccato, facendone un'occasione di giudizio sulle vittime...
Gesù, al contrario, sa assumere questo evento nella fede, cogliendovi un invito alla conversione. E lo fa con parole nette: «Credete che quegli uomini fossero più peccatori degli altri? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». E di seguito cita un altro grave incidente, il crollo della torre di Siloe che aveva causato la morte di diciotto persone, commentandolo ancora con le parole: «Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». In questa vita terrena non esiste un castigo di Dio che cade sugli ingiusti mentre risparmia i giusti, ma la verità è un'altra: tutti siamo peccatori, sia chi è morto sia chi rimane in vita, e «chi crede di stare in piedi, dovrebbe fare attenzione a non cadere» (cfr.1Cor 10,12).
Gesù non intende spaventare nessuno, ma vuole insegnarci che ogni evento richiede una comprensione profonda, ricca di sapienza: occorre cioè leggerlo nel proprio cuore non come un semplice fatto di cronaca, ma collocarlo nella storia, anzi nella storia di salvezza, quella che Dio porta avanti invisibilmente ogni giorno. Solo così ciascuno potrà comprendere, innanzitutto per sé, che «Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva» (cfr. Ez 18,23; 33,11).
Affinché questo sia ben chiaro, Gesù narra la parabola del fico sterile, una parabola da lui vissuta in prima persona. Dio, il padrone della vigna (cfr. Sal 80; Is 5), pianta in essa un fico; recatosi per tre lunghi anni a cercarvi frutti - quei «frutti di conversione» (cfr. Lc 3,8), già richiesti da Giovan ni il Battezzatore - non ne trova. Allora si rivolge a Gesù, il vignaiolo, chiedendogli di tagliare questo fico, perché rischia di sfruttare inutilmente il terreno. Si tratta di una misura di giustizia, a cui però il vignaiolo risponde: «Lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime, e vedremo se in futuro porterà frutto». Gesù non si limita a invocare una dilazione, ma intercede con forza, chiedendo a Dio di desistere dal male minacciato, come avevano fatto i profeti di Israele, da Mose (cfr. Es 34,9), ad Amos (cfr. Am 7,2), a tanti altri. Nel fare questo egli si impegna a lavorare con ancor più cura affinché sia fatto tutto il possibile per mettere la pianta, ossia ciascuno di noi, in condizione di portare frutto.
In ogni caso, Gesù lascia a Dio la difficile decisione del giudizio ultimo: «Se non porta frutto, tu lo taglierai, non io». In questa conclusione possiamo cogliere la grandezza della misericordia e della pazienza di Gesù, colui che con tutta la sua vita ci ha narrato il Dio che è «misericordioso e com passionevole, lento all'ira, grande nell'amore e nella fedeltà» (Es 34,5). Ora, se Gesù non ha mai condannato nessuno, ma ha sempre offerto a tutti la possibilità e la speranza della conversione, tanto meno spetta a noi ergerci a giudici della fecondità o sterilità degli altri! Ecco perché, come spesso accade nelle parabole, anche questa resta aperta, quale appello a ciascuno di noi a portare frutti di conversione.
Gesù sapeva bene che «la misericordia ha sempre la meglio nel giudizio» (Gc 2,13). Ed è proprio la conoscenza di questa misericordia di Dio, più forte dell'evidenza del nostro peccato, che ci può spingere alla conversione. Sì, ogni giorno il cristiano dovrebbe dire con convinzione: «Oggi ricomincio, oggi posso ricominciare», senza mai porre limiti alla misericordia di Dio.


Don Piero De Santis

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