"Convertitevi: Il Regno dei cieli è vicino" |
Dopo
averci presentato le tentazioni di Gesù e la sua trasfigurazione,
l'itinerario quaresimale proposto dalla chiesa in questo anno
liturgico è un invito a meditare sulla misericordia di Dio che in
Gesù Cristo sempre ci chiama a conversione, cioè a ritornare a Dio
stesso con tutto il cuore, la mente e le forze.
Il
brano odierno del vangelo secondo Luca (13, 1-9) si colloca al cuore
della salita intrapresa con decisione da Gesù verso Gerusalemme
(cfr. Lc 9,51), dove si compirà la sua passione, morte e
resurrezione. Gesù ha appena chiesto a quanti lo ascoltano di
esercitarsi a discernere i segni dei tempi, a valutare da se stessi
ciò che è giusto (cfr. Lc 12,54-57), ed ecco che alcuni
sottopongono alla sua attenzione un tragico fatto di attualità, così
come ne accadono ancora ai nostri giorni: gli riferiscono «circa
quei galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a
quello dei loro sacrifici». La mentalità religiosa del tempo vedeva
in avvenimenti come questo un segno del castigo di Dio per il
peccato, facendone un'occasione di giudizio sulle vittime...
Gesù,
al contrario, sa assumere questo evento nella fede, cogliendovi un
invito alla conversione. E lo fa con parole nette: «Credete che
quegli uomini fossero più peccatori degli altri? No, vi dico, ma se
non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». E di seguito
cita un altro grave incidente, il crollo della torre di Siloe che
aveva causato la morte di diciotto persone, commentandolo ancora con
le parole: «Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
In questa vita terrena non esiste un castigo di Dio che cade sugli
ingiusti mentre risparmia i giusti, ma la verità è un'altra: tutti
siamo peccatori, sia chi è morto sia chi rimane in vita, e «chi
crede di stare in piedi, dovrebbe fare attenzione a non cadere»
(cfr.1Cor 10,12).
Gesù
non intende spaventare nessuno, ma vuole insegnarci che ogni evento
richiede una comprensione profonda, ricca di sapienza: occorre cioè
leggerlo nel proprio cuore non come un semplice fatto di cronaca, ma
collocarlo nella storia, anzi nella storia di salvezza, quella che
Dio porta avanti invisibilmente ogni giorno. Solo così ciascuno
potrà comprendere, innanzitutto per sé, che «Dio non vuole la
morte del peccatore, ma che si converta e viva» (cfr. Ez 18,23;
33,11).
Affinché
questo sia ben chiaro, Gesù narra la parabola del fico sterile, una
parabola da lui vissuta in prima persona. Dio, il padrone della vigna
(cfr. Sal 80; Is 5), pianta in essa un fico; recatosi per tre lunghi
anni a cercarvi frutti - quei «frutti di conversione» (cfr. Lc
3,8), già richiesti da Giovan ni il Battezzatore - non ne trova.
Allora si rivolge a Gesù, il vignaiolo, chiedendogli di tagliare
questo fico, perché rischia di sfruttare inutilmente il terreno. Si
tratta di una misura di giustizia, a cui però il vignaiolo risponde:
«Lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta
il concime, e vedremo se in futuro porterà frutto». Gesù non si
limita a invocare una dilazione, ma intercede con forza, chiedendo a
Dio di desistere dal male minacciato, come avevano fatto i profeti di
Israele, da Mose (cfr. Es 34,9), ad Amos (cfr. Am 7,2), a tanti
altri. Nel fare questo egli si impegna a lavorare con ancor più cura
affinché sia fatto tutto il possibile per mettere la pianta, ossia
ciascuno di noi, in condizione di portare frutto.
In
ogni caso, Gesù lascia a Dio la difficile decisione del giudizio
ultimo: «Se non porta frutto, tu lo taglierai, non io». In questa
conclusione possiamo cogliere la grandezza della misericordia e della
pazienza di Gesù, colui che con tutta la sua vita ci ha narrato il
Dio che è «misericordioso e com passionevole, lento all'ira, grande
nell'amore e nella fedeltà» (Es 34,5). Ora, se Gesù non ha mai
condannato nessuno, ma ha sempre offerto a tutti la possibilità e la
speranza della conversione, tanto meno spetta a noi ergerci a giudici
della fecondità o sterilità degli altri! Ecco perché, come spesso
accade nelle parabole, anche questa resta aperta, quale appello a
ciascuno di noi a portare frutti di conversione.
Gesù
sapeva bene che «la misericordia ha sempre la meglio nel giudizio»
(Gc 2,13). Ed è proprio la conoscenza di questa misericordia di Dio,
più forte dell'evidenza del nostro peccato, che ci può spingere
alla conversione. Sì, ogni giorno il cristiano dovrebbe dire con
convinzione: «Oggi ricomincio, oggi posso ricominciare», senza mai
porre limiti alla misericordia di Dio.
Don
Piero De Santis
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