Zaccheo si lasciò incontrare da Gesù e con gioia gli aprì il cuore. In questo Giubileo della misericordia lasciamoci toccare dalla parola di Gesù, medico delle anime e dei corpi. Egli ci invita alla conversione. Non c’è casa in cui non possa entrare la salvezza.
Le
opere di misericordia proposte dalla Chiesa si suggellano con la
preghiera: essa è veramente un’opera, la più gradita a Dio e
sulla quale Gesù insiste più volte nel Vangelo. Ogni cristiano è
sacerdote, la cui parola significa esattamente “intercessore”,
cioè colui che “si mette in mezzo” tra l’umanità e la
divinità, creando un ponte di dialogo fra l’uomo e Dio.
Spesso
si pensa che la preghiera sia di minore importanza rispetto
all’azione, che solo agendo con volontà ed entusiasmo i problemi
si smuovano e risolvano; tuttavia, ci si rende sempre conto che alla
fin fine l’uomo fallisce se prima di agire non interpella Dio, se
non discerne la sua volontà e allora comprende come davvero la
preghiera sia necessaria.
Così
è delle situazioni e delle persone umane, con le loro fatiche e i
loro travagli, ma così è anche di quanti ci hanno preceduti nella
morte. La Lumen
gentium,
il documento conciliare sulla Chiesa, afferma che «L’unione di
quelli che sono ancora in cammino coi fratelli morti nella pace di
Cristo non è minimamente spezzata; anzi, secondo la perenne fede
della Chiesa, è consolidata dallo scambio dei beni spirituali» (n.
49).
Di
qui l’opportunità di pregare per i defunti, affidando al Signore
non solamente quanti conosciamo o quelli a cui abbiamo voluto bene,
ma anche coloro che non abbiamo saputo amare, che non abbiamo
conosciuto, fino a intercedere per coloro che sono più bisognosi
della misericordia di Dio.
Tiberio Cantaboni – LA DOMENICA
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