La
liturgia di oggi è un invito pressante a ricuperare il significato
profondo della preghiera. La bontà del Padre che è nei cieli e che
sempre ci ascolta incoraggia la nostra perseveranza nel rivolgerci a
lui.
Perseverare,
in fondo, è abbandonarsi interamente all’amore di Dio Padre. Gesù
ce ne ha dato l’esempio: al Padre ha affidato sé stesso e la sua
Chiesa. Sul versante umano, oggi l’evangelista Luca illustra in
particolare la perseveranza nella preghiera: pregare sempre, senza
stancarsi. La figura di Mosè orante (I
Lettura),
che intercede per la salvezza di Israele in cammino verso la terra
promessa, si staglia nitida all’orizzonte della storia. Israele
capisce che nella vicinanza del Signore è la radice della sua forza.
La preghiera, scrive san Paolo a Timoteo (II
Lettura),
è alimentata dalla Scrittura. La proclamazione della Parola nella
liturgia domenicale è messaggio di Dio, presente e operante in mezzo
a noi, ed è preghiera di ringraziamento che sale a lui dal nostro
ascolto e dal nostro “mettere in pratica”.
Una vedova indifesa (Vangelo) chiede a un giudice corrotto di farle giustizia contro il suo avversario. La sua inarrestabile costanza, alla fine, viene premiata: il giudice iniquo soddisfa la sua richiesta. La costanza anche nell’aridità e la necessità di non interrompere il nostro dialogo d’amore con Dio qualifica la nostra preghiera.
Domenico Brandolino, ssp – LA DOMENICA
Una vedova indifesa (Vangelo) chiede a un giudice corrotto di farle giustizia contro il suo avversario. La sua inarrestabile costanza, alla fine, viene premiata: il giudice iniquo soddisfa la sua richiesta. La costanza anche nell’aridità e la necessità di non interrompere il nostro dialogo d’amore con Dio qualifica la nostra preghiera.
Domenico Brandolino, ssp – LA DOMENICA
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