sabato 26 dicembre 2015

FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA

A qualcuno potrebbe apparire anche superflua la festa della sacra Famiglia, che la Chiesa ci invita a celebrare nella domenica che segue la solennità del Natale. Ma non è così.
Infatti non si può celebrare il mistero dell’Incarnazione di Dio senza pensare a Maria, che lo ha portato per nove mesi nel suo seno, e a S. Giuseppe, che ha ricoperto con tanto amore e discrezione il mistero di quella nascita. Del resto, la stessa rappresentazione così vivace e diffusa del presepe ci richiama subito alla mente i tre protagonisti di questa storia, che ha dato senso nuovo alla vita di tutti gli uomini.
In realtà, la festa della sacra famiglia, pur congiunta così intimamente al mistero del Natale, assume un significato tutto proprio e direi anche autonomo, soprattutto per i tempi che stiamo vivendo.
Per questo motivo la Chiesa con la celebrazione odierna intende affermare la totalità dell’esperienza umana di “quella” famiglia, dal suo primo costituirsi fino all’inizio della vita pubblica del Signore, alla sua passione, morte e risurrezione, e proporla all’ammirazione e alla imitazione dei credenti. È quanto ci suggerisce la preghiera d’inizio della S. Messa: “O Dio, nostro Padre, che nella Santa Famiglia ci hai dato un vero modello di vita, fa che nelle nostre famiglie fioriscano le stesse virtù e lo stesso amore, perché, riuniti insieme nella tua casa, possiamo godere la gioia senza fine”.
Il brano del Vangelo (Lc 2, 41-52) ci aiuta a cogliere le virtù che erano di casa nella famiglia di Nazareth, una famiglia con una vicenda unica, non certo paragonabile ad altre famiglie perché chiamata da Dio a gestire una realtà unica, non certo paragonabile ad altre famiglie perchè chiamata da Dio a gestire una realtà unica rispetto a quella della nostre famiglie.
Maria e Giuseppe mettono da parte i loro progetti e ascoltando la proposta di Dio vivono per quel Bimbo che è il Messia. Vivono per Cristo. La scelta di Maria e di Giuseppe diventa così un messaggio per tutte le famiglie e per l’umanità intera. Vivere per Cristo. S. Paolo riproporrà nella sua esistenza cristiana, e quindi nelle nostra, la stessa realtà: “Per me vivere è Cristo” (Fil 1, 21)
Questa coppia di sposi sa accogliere nella sua esistenza Cristo. Sa scomodarsi per Cristo. Una famiglia continuamente “sradicata” per Cristo: ora a motivo del censimento, ora per la persecuzione di Erode. Una famiglia sempre in cammino a motivo di Cristo. Una famiglia che anticipa nella sua vicenda esistenziale le parole del discorso delle beatitudini. “Beati voi quando vi perseguiteranno per causa mia” (Mt 5,11).
Maria e Giuseppe trascendono i loro ruolo di genitori e si fanno discepoli di Gesù. Sono coloro nella cui vita prende carne il lieto messaggio che quel Bimbo, divenuto grande, proclamerà.
La Santa Famiglia, come dicevamo prima, si fa allora modello per tutte le famiglie del mondo. Essa ci rivolge l’invito a mettere Cristo al centro della nostra vita, così come lo è stato al centro delle loro attenzioni, dei loro progetti, dei loro sogni, dei loro ideali.
Potremmo dire che nel momento in cui Maria generava Gesù, Gesù generava a vita nuova Maria e Giuseppe, a quella vita divina che Dio comunicava loro per mezzo del suo stesso Figlio.
Questa reciprocità di generazione vale per tutti gli uomini. Mentre generiamo Cristo nella nostra vita, mentre gli permettiamo di nascere e vivere in noi, in quel momento stesso egli ci fa rinascere a vita nuova. La nostra fede si fonda su questa reciprocità, su questo scambio che è all’origine dell’Incarnazione.
“Dio si fa uomo perché l’uomo possa diventare Dio” (S. Leone Magno). Questa reciprocità attraversa sempre la nostra esistenza. Più generiamo Cristo, più siamo rigenerati da Cristo. È quello che è accaduto a questa coppia di giovani sposi, a Maria e Giuseppe.
È quello che vorremmo accada ad ogni uomo così che accogliendo, generando Cristo e da Lui generato, ciascuno possa ritrovarsi più uomo.


      Don Piero De Santis

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