domenica 24 aprile 2016

GRADINI DI SANTITA'

L'AMORE, EPIFANIA DEL SIGNORE E DISTINTIVO DEI CREDENTI

Torniamo nel Cenacolo in questa quinta domenica di Pasqua e accompagniamo i discepoli nel ricordo di quell'ultima cena con Gesù nell'imminenza della sua passione.
Alla luce della Pasqua essi setacciano ogni parola, ogni silenzio, ogni gesto di quella sera per capire come il Maestro sia andato liberamente incontro alla morte con amore. «Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri». Ora si rammaricano: come hanno potuto non capire? Perché non hanno vissuto appieno quegli ultimi istanti centellinando quel dolce indugiare intorno alla mensa? L'amara verità è che noi uomini ci ricordiamo della ricchezza solo dopo averla perduta. La felicità è sempre solo nel ricordo, ma, quando ci impatta, spesso non la riconosciamo.
Perché nelle parole di Gesù l'imminenza della fine è legata alla consegna del comandamento dell'amore? È solo la consegna del capo che affida ai discepoli le modalità con cui dovranno stare insieme dopo la sua partenza? È solo il "monito vano" del genitore che si rivolge ai figli prima di morire? Credo che si tratti di molto di più. Qui Gesù affida ai discepoli una via di incontro con con lui dopo la sua morte e risurrezione: nell'amore che essi avranno gli uni per gli altri ci sarà possibilità di incontrarlo, di sentirlo presente, di continuare, in modo diverso, la comunione con lui.
È come se Gesù dicesse: «Sto per andarmene, non mi vedrete più, ma diamoci appuntamento nell'amore! Se vorrete incontrarmi d'ora in poi, gettate ponti d'amore tra di voi e là io sarò presente con voi!». Non si tratta di un vincolo d'amore naturale o di semplice amicizia, ma di ricalcare nella nostra povera vita la caratura del suo amore per noi: «Come io vi ho amati, così amatevi gli uni gli altri». In questo senso si tratta di un «comandamento nuovo».
Già nell'Antico Testamento ci sono precetti di accoglienza dell'altro, di ospitalità per lo straniero, di perdono da dare, ma qui la misura è superata dalla modalità di Gesù, dal suo modo d'amare dando la vita per i suoi persecutori, di invocare il perdono per coloro che si impegnano ad aumentare le sue sofferenze sotto la croce. Nel nuovo comandamento c'è tutto il marchio doc dell'amore di Cristo, che rivive nella vita dei discepoli e rende presente il Maestro tornato dai morti. Tutta la storia della Chiesa, dalle origini ai nostri giorni, è un pullulare di gesti di amore che si possono capire solo nella scia del Maestro, che dice «Fate questo in memoria di me» non solo sul pane e sul vino ma su tutta la sua vita, che va riedita nei giorni e nelle opere dei discepoli.
L'amore diventa epifania del Signore, Vangelo che rinasce ed è raccontato in tutti gli angoli della terra, luogo teologico, ma anche segno di appartenenza, distintivo del credente: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli». Non in un abito o in uno stendardo, non in articoli di fede e in formule da recitare a memoria, i discepoli doc saranno riconosciuti solo dal marchio del suo amore.

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